Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere gli ‘autori’ della spedizione punitiva contro Paolo Panzanaro, scampato forse per miracolo ai colpi esplosi da una pistola di piccolo calibro, forse una 7.65.
Assistiti dagli avvocati Valeria Corrado, Vito Quarta e Pantaleo Cannoletta, gli indagati Bruno Guida, Peppino Vadacca e Matteo Niccoli hanno fatto scena muta nell’udienza di convalida dell’arresto che si è svolta davanti al Gip Carlo Cazzella nel carcere di Lecce. Pesanti le accuse contestate: tentato omicidio in concorso, lesioni personali aggravate, detenzione e porto in luogo pubblico di arma comune da sparo.
Non hanno spiegato come mai sono piombati nel casolare nelle campagne di Copertino, dove Panzanaro si trovava insieme alla moglie e al figlio. Né perché uno di loro, ad un certo punto, ha estratto una pistola e ha aperto il fuoco. Avrebbero soltanto rilasciato spontanee dichiarazioni, affermando di non volerlo uccidere, ma solo impartirgli una lezione.
Non hanno raccontato la loro versione dei fatti di quella mattina, chiarendo la ricostruzione fatta dagli uomini in divisa grazie alle telecamere di videosorveglianza. Non sapevano della presenza degli occhi elettronici nell’abitazione teatro dell’aggressione e hanno agito a volto scoperto, tradendosi.
Le immagini, anche se poco nitide, hanno ripreso tutto fornendo ai carabinieri quella ‘prova regina’ di cui avevano bisogno per chiudere il cerchio. Prove per confermare i sospetti che si erano già insinuati grazie alla “conoscenza” del territorio e alle “chiacchierate” con la gente del posto. Elementi che, messi insieme, hanno consentito di fare chiarezza su quanto accaduto ed aprire scenari sul possibile movente del tentato omicidio che sembrerebbe ruotare attorno al mondo degli stupefacenti.
Il giudice non ha convalidato l’arresto, per mancanza di flagranza del reato, ma ha confermato il carcere, per i gravi indizi di colpevolezza. Intanto continuano senza sosta le ricerche del quarto complice. L’ultimo componente della banda sfuggito all’arresto.