Abusi edilizi per l’ampliamento de “L’Approdo di Enea”, due condanne e confisca della struttura

L’inchiesta ha fatto luce su una serie di autorizzazioni e certificati di agibilità, considerati illegittimi, a partire dal 2009.

Arrivano due condanne per i presunti abusi, in odor di falso, relativi all’ampliamento de “L’Approdo di Enea” di Porto Badisco.

I giudici della seconda sezione collegiale hanno inflitto la pena di: 2 anni e 6 mesi per Giuseppe Tondo, 65enne di Otranto, Responsabile del Settore Ambiente (chiesti 3 anni e 2 mesi). Assoluzione “perché il fatto non costituisce reato”, invece, per Emanuele Maggiulli, 52enne di Muro Leccese, Responsabile dell’Area Tecnica (la Procura ha invocato 2 anni ed 8 mesi).

E poi, non luogo a procedere per Salvatore Fruini, 71enne di Minervino di Lecce nel frattempo deceduto), titolare della ditta che ha gestito il bar-ristorante fino al 2009 e condanna a 2 anni e 6 mesi (chiesti 2 anni e 4 mesi) per il figlio Luigi Fruini, 33enne, gestore del bar-ristorante a partire dal 2009. Rispondono delle accuse di abuso dufficio e di falsità ideologica commessa dal pubblico ufficiale in atti pubblici.

Inoltre, è stato disposto nei confronti dei due condannati, il risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede e una provvisionale di 5.000 euro, per le parti civili.

I giudici hanno inoltre accolto l’istanza del pm Alessandro Prontera, ordinando la confisca della struttura.

Il collegio difensivo

Gli imputati sono difesi dagli avvocati Luigi Corvaglia, Pietro ed Antonio Quinto che proporranno ricorso in Appello, appena verranno depositate le motivazioni della sentenza.

L’inchiesta

L’inchiesta, coordinata dal procuratore aggiunto Elsa Valeria Mignone ha fatto luce su una serie di autorizzazioni e certificati di agibilità, considerati illegittimi, a partire dal 2009. Riguardo la posizione di Tondo, veniva contestata solo un’autorizzazione del 2016, riguardante lo scarico delle acque reflue.

Ad ogni modo, i due dirigenti comunali avrebbero attestato falsamente che la struttura fosse precaria ed amovibile. Inoltre, sostiene il pm, sarebbe stato consentito ai gestori di ampliare la struttura, violando gli strumenti urbanistici in vigore entro i 300 metri dal mare, senza ottenere i nulla-osta sui vincoli paesaggistici ed idrogeologici.

La Procura ritiene poi che il Comune di Otranto avrebbe dovuto annullare i permessi rilasciati illegittimamente, in autotutela. Non solo, poiché avrebbe dovuto emanare degli ordini di demolizione e di ripristino dei luoghi. Infine, viene contestata l’omessa comunicazione alla Prefettura del bar-ristorante, nell’elenco delle opere non sanabili.



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