Finisce ai domiciliari il ladro sacrilego, accusato anche di avere urinato in chiesa.
Donatello Raona, 33 anni di Gagliano del Capo è stato raggiunto da un’ordinanza di misura cautelare a firma del gip Sergio Tosi, come richiesto dal pm Maria Rosaria Micucci. Il giudice ritiene che siano sussistenti le esigenze cautelari e il rischio di reiterazione del reato.
Il gip sottolinea nell’ordinanza che è doveroso “stigmatizzare in termini assai negativi che le condotte illecite siano state commesse all’interno di una Chiesa e siano, dunque, offensive dei luoghi e degli oggetti destinati al culto”.
L’arrestato è difeso dall’avvocato Luca Puce e dovrà presentarsi nelle prossime ore dinanzi al giudice per l’interrogatorio di garanzia.
Il furto avvenuto all’interno della Parrocchia “Trasfigurazione del Signore” a Scorrano si è verificato il 16 novembre scorso.
Secondo l’accusa, Raona si arrampicava all’altezza di una teca dove era collocata una statua raffigurante la “Madonna” e rubava una collana in oro, sfilandola dalla statua nonché un bracciale e una fedina e, successivamente, si impossessava della somma di 150 euro contenuta nella cassetta delle offerte, dopo avere forzato la serratura.
E subito dopo essersi impossessato del bottino, l’atto vandalico: il malvivente, infatti, ha urinato nei pressi di una statua raffigurante il crocifisso.
Ad incastrarlo, però, ci hanno pensato le registrazioni delle telecamere che ne inquadrano il volto e che mostrano chiaramente tutto l’accaduto.
Le indagini
Le indagini hanno preso avvio, dopo la denuncia querela presentata dal parroco della Chiesa di Scorrano.
In seguito a perquisizione domiciliare, venne sequestrato dai carabinieri, l’abbigliamento (in particolare, felpa, pantaloni e scarpe da ginnastica) corrispondente a quello del soggetto autore delle condotte.
Successivamente, Raona ammetteva di essere l’autore del furto e di aver venduto la collana in oro a un esercente di attività di “compro oro”, ricavandone la somma di euro 500 che gli serviva per acquistare della sostanza stupefacente e per pagare pregressi debiti, sempre legati alla droga.
Effettivamente, i monili vennero rinvenuti all’interno dell’esercizio commerciale.
