Si conclude con la condanna a 10 anni di reclusione, il processo con rito abbreviato a carico del 31enne di Castrignano del Capo che accoltellò la fidanzata, in preda ad un raptus di gelosia.
In mattinata, il gup Carlo Cazzella, ha ritenuto Giorgio Vitali colpevole di tentato omicidio aggravato dai futili motivi. Il giudice ha disposto inoltre la misura di sicurezza della libertà vigilata per tre anni. L’imputato dovrà anche risarcire le parti civili. Anzitutto, l’oramai ex fidanzata Stefania De Marco, assistita dall’avvocato Carlo Chiuri, con la provvisionale di 20mila euro. E poi, i genitori di quest’ultima con 5mila euro ciascuno. Sono difesi dagli avvocati Luciano De Francesco e Luciano Urso.
L’imputato, invece, è assistito dal legale Paolo Pepe che una volta depositate le motivazioni della sentenza proporrà ricorso in Appello.
I fatti e le accuse
Le indagini sono state condotte dai carabinieri della Compagnia di Tricase, guidati dal Comandante Alessandro Riglietti.
Il grave episodio si è verificato il 2 settembre scorso, intorno alle 23.00, in via Messapia a Morciano di Leuca, nel bagno della casa dei nonni paterni della giovane. Il fidanzato avrebbe aggredito alle spalle Stefania, 27enne di Tricase, ferendola gravemente con un’arma da taglio e perforandole un polmone. Gli accertamenti avrebbero rilevato le tracce di ben 17 coltellate.
La 27enne venne ricoverata in Rianimazione, presso l’Ospedale “Panico” di Tricase e rimase in prognosi riservata per oltre 40 giorni.
L’udienza di convalida
Durante l’udienza di convalida, il fidanzato di Stefania ha ribadito che avrebbe aggredito la ragazza alle spalle ferendola con un coltello in preda ad un raptus di gelosia per un presunto tradimento.
Il gip all’epoca ha concesso i domiciliari a Vitali (ritenendo le esigenze cautelari ugualmente garantite). Una decisione che ha indotto il sostituto procuratore Maria Rosaria Micucci e il Procuratore capo Leonardo Leone De Castris ad impugnare l’ordinanza del gip.
Poche ore dopo, comunque, il 31enne è tornato di nuovo dietro le sbarre (attraverso una nuova ordinanza), per aver tentato di contattare alcune amiche della vittima, mentre era in stato di arresto, contravvenendo agli obblighi disposti dal giudice.