
La notizia della morte di Graziano Mesina sblocca numerosi ricordi. L’esponente di spicco del banditismo sardo se ne andato a 83 annim dopo una vita ai margini della legge, scandita da arresti spettacolari, latitanze, tentativi di evasione e fughe impossibili, come nei migliori film d’azione.
L’ultima volta era scappato alla veneranda età di 78 anni, come aveva già fatto. Ecco perché quel colpo di teatro da parte di chi in 57anni di “carriera criminale” ha frequentato spesso le patrie galere non aveva stupito nessuno. Le sue “incredibili” fughe (ventidue, di cui dieci riuscite) hanno fatto balzare spesso il nome di Grazianeddu (questo il suo nomignolo) sulle prime pagine dei giornali. Una volta, nel 1992, si era lanciato da un treno in corsa durante il trasferimento dal penitenziario di Sassari. Nel 1976, invece, si era lasciato alle spalle il Carcere di Lecce.
Nel 1985 si era allontanato dall’istituto di pena per una ‘fuga d’amore’, ma era stato rintracciato e catturato. Un tourbillon. Le scorribande in latitanza lo avevano reso una “leggenda” criminale. Sono così tante le storie che è impossibile stabilire un confine tra la verità e la fantasia. Si racconta che tornasse spesso nel piccolo comune della Barbagia per incontri con donne innamorate di lui. Appuntamenti galanti, ma anche capatine allo stadio di Cagliari per seguire Rombo di tuono Gigi Riva.
Nato a Orgosolo in un tempo in cui la Barbagia era terra di pastori, silenzi e vendette, è cresciuto in un ambiente difficile, dove la legge dello Stato si intrecciava spesso con quella dell’onore. Giovanissimo, si era avvicinato al crimine. Aveva solo 14 anni quando aveva ‘collezionato’ il suo primo arresto. Da quel momento comincia un elenco, mai completo, di quelli che lui chiamava «errori». La sua carriera è scandita non solo dalle evasioni, ma anche dai sequestri di persona, compiuti in un arco di tempo che va dagli anni Sessanta ai Settanta. Quelli per i quali è stato condannato sono sette. Quelli per i quali è stato sospettato, rimasti senza un colpevole, molti di più. Di certo, gli valsero la nomea di “re di Supramonte“. Qualcuno vede in lui il Robin Hood della Barbagia, spietato con i ricchi e compassionevole con i poveri.
Nel 1992 il bandito-gentiluomo ha conquistato le luci dei riflettori anche per il sequestro di Farouk Kassam, il bambino rapito a Porto Cervo e rilasciato dopo sei mesi “grazie” – si dice, ma non è stato mai provato – alla sua mediazione. O per la grazia ricevuta dal Presidente della Repubblica Carlo Azelio Ciampi dopo aver trascorso circa 40 anni dietro le sbarre.
Archiviato quel capitolo della sua vita si era ‘reinventato’ diventando una guida turistica del Supramonte di cui conosceva tutti i segreti. Ma era (ed è) impossibile dimenticare il suo passato, la sua ‘caratura’ criminale. Prima di essere arrestato l’ultima volta, due ladruncoli gli avevano chiesto scusa dopo aver rubato una Porsche, ignorando che il proprietario fosse lui, proprio lui. Grazianeddu.