‘Guardate tutti chi è…’ e pubblica le foto dei lividi su facebook. La denuncia choc di una 38enne leccese

‘Provo solo vergogna per non aver capito subito chi fossi!’, una 38enne di Lecce ha pubblicato su Facebook un post in cui di denuncia di essere stata picchiata dal suo compagno, un 43enne noto nell’ambiente calcistico.

La gelosia sfociata in violenza e i segni sulla pelle di quell’amore finito da tempo: si potrebbe riassumere così la storia di una 38enne di Lecce che ha scelto i social network per lanciare delle accuse ben precise nei confronti del suo ex compagno, un 43enne con cui ha avuto una relazione durata oltre un anno e mezzo. L’uomo – stando al racconto della vittima – l’avrebbe picchiata accecato dal sospetto che la donna potesse essersi riavvicinata all’ex marito, da cui ha avuto due figli, ancora piccoli.
 
All’origine della lite – secondo la ricostruzione della 38enne formalizzata poi in una denuncia in Questura – vi sarebbe una banale foto scattata tutti insieme in occasione della confessione della bambina.  Quel quadretto familiare non sarebbe andato giù al 43enne, un nome abbastanza conosciuto nell’ambiente calcistico e arbitrale, accendendo un’animata discussione degenerata poi in minacce, calci e pugni. Nonostante il rapporto si fosse concluso a dicembre, i due avevano continuavano a vedersi qualche volta.
 
«La vergogna di non aver capito subito chi fossi, di averti fatto stare con la mia famiglia, di averti fatto mangiare con i miei figli, ma se i miei figli sono costretti a vedere una madre così tutti devono sapere di cosa è capace l’uomo che si vanta di essere una brava persona» scrive la donna nel post su facebook corredato di foto in cui si notano i graffi, i lividi e il cellulare distrutto.  I commenti di solidarietà sono tanti perché la violenza non è mai giustificata, ma per dovere di cronaca occorre precisare che si tratta solo della sua versione dell’accaduto, su cui ora toccherà fare luce.
 
Saranno le forze dell’ordine a raccontare la verità, a mettere insieme tutti i tasselli ascoltando le eventuali testimonianze, indagando sui cellulari – compreso quello fatto a pezzi per trovare i messaggi che provino o smentiscano la presunta violenza e soprattutto chiedendo al diretto interessato di dire la sua. 



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