Ex carabiniere ucciso a fucilate. La difesa dell’imputato, “Un processo indiziario e non ci sono prove”

Michele Aportone, 71enne di San Donaci è finito sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio volontario.

È oramai alle battute finali il processo sull’omicidio dell’ex carabiniere Silvano Nestola, assassinato fuori dalla casa della sorella, la sera del 3 maggio del 2021 a Copertino, dinanzi al figlio piccolo.

Si è tenuta, in mattinata, davanti ai giudici della Corte d’Assise di Lecce (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari), presso l’aula bunker di Borgo San Nicola, l’arringa difensiva dell’avvocato Francesca Conte, legale di Michele Aportone, 71enne di San Donaci, per il quale ha chiesto l’assoluzione. L’uomo era finito sul banco degli imputati con l’accusa di omicidio volontario, aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili e detenzione illegale di arma da fuoco. Aportone, presente oggi in aula, si è sempre professato innocente.

Il legale, nel corso della discussione in aula, ha sostenuto: “Si tratta di un processo indiziario, non c’è un movente e non ci sono prove della responsabilità di Aportone”.

E ha aggiunto: “La vicenda sembra una fiction e sento la responsabilità di portare la verità sui binari della oggettività”.

L’avvocato Conte ha ha chiesto l’assoluzione anche sulla scorta delle perizie dell’ex generale dei Ris di Parma, Luciano Garofano e del perito balistico Martino Farnesi, in qualità di consulenti tecnici della difesa.

Garofano, in particolare, aveva sostenuto in una scorsa udienza, come non ci siano tracce biologiche sui reperti analizzati che possano fare pensare ad una responsabilità dell’imputato e inoltre hanno sottolineato come la presenza di residue tracce di polvere da sparo su alcuni indumenti siano frutto di contaminazione e dunque di un errore.

Oggi hanno discusso anche gli avvocati Enrico Cimmino, Vincenzo Maggiulli, Maria Luisa Avellis e Gaetano Vitale e che assistono i familiari di Silvano Nestola, i quali si erano costituiti parte civile, nel corso dell’udienza preliminare.

Invece, in una scorsa udienza, il pm Alberto Santacatterina, al termine della requisitoria, aveva chiesto la pena dell’ergastolo per Michele Aportone.

Secondo quanto ricostruito nel corso delle indagini, coordinate dai pm Paola Guglielmi e Alberto Santacatterina e condotte dai Carabinieri del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Lecce, Silvano Nestola dopo essersi separato dalla moglie aveva iniziato una relazione con la figlia di Michele Aportone (anche lei separata). Tale rapporto non era visto di buon grado ed era fortemente osteggiato da Aportone e da sua moglie, che vedevano in Silvano il responsabile della separazione della figlia dal marito.

Va detto che la madre di Elisabetta era stata inizialmente iscritta nel registro degli indagati con l’accusa di omicidio, in concorso con il marito, ma in seguito la sua posizione è stata archiviata.

I carabinieri hanno ricostruito durante le indagini, ogni fase dell’omicidio avvalendosi del supporto delle immagini di un sistema di videosorveglianza installato in una zona non distante dall’area sosta camper (di cui Michele Aportone risulta titolare) che ritraggono l’uomo a bordo del suo Fiat Ducato alle ore 19.30 circa del 3 maggio del 2021, giorno in cui viene ucciso Silvano Nestola. Il 71enne, secondo l’accusa, esce per raggiungere l’abitazione di Copertino. Le immagini, successivamente, lo riprenderanno anche al rientro in quella stessa area camper alle ore 22.30 circa. Tale ricostruzione è stata confermata in aula, nelle scorse udienze, dai carabinieri che hanno condotto le indagini.