Contrabbandavano alcolici in mezza Europa, smantellata sofisticata organizzazione criminale. I promotori sono salentini

Smantellata nell’operazione “sine finibus”, una associazione criminale che è riuscita a ‘contrabbandare 180 milioni di litri di alcolici per una frode alle accise da 80 milioni di euro.

Gli espedienti messi a punto per sottrarre gli alcolici alla gravosa imposizione fiscale vigente nel Regno Unito non avevano limiti né confini: depositi fantasma in tutta Europa, spedizioni incrociate di milioni di litri vodka, whiskey ed altre bevande alcoliche, partite di prodotto scaduto, finte esportazioni di bottiglie vuote ed addirittura laboratori di droga.

“Trucchetti” portati alla luce dall’operazione “sine finibus”, un percorso investigativo durato tre anni, che ha visto i Finanzieri del Comando Provinciale Udine ricostruire, passo passo, il sofisticato modus operandi dell’associazione criminale che è riuscita a mettere radici in 15 paesi, su 17 coinvolti. In totale, come appurato dalle Fiamme Gialle, sarebbero stati ‘contrabbandati’180 milioni di litri di alcolici per una frode alle accise da 80 milioni di euro.

La struttura dell’associazione

La Cupola, che aveva sede nel Regno Unito, era guidata da un certo “John”, 63enne cittadino britannico e da un brindisino di 46 anni, residente oltre manica. Sarebbero loro i dei ex machina, destinatari del mandato di arresto europeo emesso dal Tribunale di Udine. Non sono stati i soli a finire sotto i riflettori: sono 18 le altre misure cautelari emesse, 4 agli arresti domiciliari e 14 obblighi di dimora.

Tutto nasce per caso, dal contrabbando di gasolio

L’esistenza del sodalizio è stata scoperta, quasi per caso, a fine 2016. Nel corso di un’indagine per fare luce sul contrabbando di gasolio, gli uomini in divisa avevano notato una ‘figura’ strana. Un 44enne catanese, titolare di una piccola azienda di ingrosso di bevande alcoliche, aveva chiesto la disponibilità di un deposito fiscale per far “transitare” un carico di prodotto energetico.

L’operazione aveva fatto subito scattare un campanello d’allarme. Il prodotto energetico, così come le bevande alcoliche in genere, circola scortato da un documento valido in tutta Europa, l’e-AD, munito di un codice univoco di identificazione, l’ARC, tracciabile da tutte le dogane e le polizie finanziarie dell’Unione. Chiedere di far “transitare” un carico sottintendeva una presa in carico formale utile a nasconderne l’effettiva destinazione. Gli approfondimenti scattati da quel campanello hanno fatto il resto.

Il deposito fiscale del catanese risultava avere una giacenza di bevande alcoliche più che quintupla rispetto alla capienza massima, segno che il prodotto entrava solo cartolarmente. Così, il filone, inizialmente secondario, è diventato quello principale.

Il meccanismo

I depositi dove avrebbero dovuto esserci partite di alcoolici sono stati trovati vuoti. Pieni, invece, quelli clandestini. Questo accadeva, in poche parole.

Grandi società produttrici europee, in buona parte compiacenti, ricevevano ingenti ordini di alcolici da alcune società distributrici, nate da poco, senza alcuna caratura finanziaria, ma stranamente in grado di movimentare, da subito, enormi partite di merci. Le merci, regolarmente accompagnate dal documento fiscale elettronico di scorta, erano destinate ad alcuni depositi fiscali italiani intestati a prestanome, persone prive di capacità patrimoniale e finanziaria, utili solo per rilevare la titolarità della licenza fiscale necessaria a potere entrare nella giostra delle spedizioni internazionali. Le indagini hanno appurato che i camion transitavano realmente nel Belpaese. Il gioco vero e priorio iniziava dopo.

Da questi depositi le merci iniziavano un vero e proprio carosello di destinazioni, sempre funzionale alla consegna finale, al momento opportuno, su suolo britannico.

Parallelamente, due distillerie nazionali, senza grandi sbocchi commerciali, avevano ricevuto l’ordine, dagli stessi distributori, di produrre partite di vodka per il medesimo mercato, da movimentarsi spacciandole quali succhi di frutta o facendo figurare spedita all’estero la merce inviando, in realtà, bottiglie vuote.

Le perquisizioni

Dopo aver ricostruito il sofisticato sistema, sono scattate in 12 Paesi Europei (Austria, Belgio, Bulgaria, Danimarca, Germania, Lituania, Lussemburgo, Olanda, Polonia, Slovacchia, Spagna e Svizzera), 50 perquisizioni presso le società mittenti, quelle intermediarie e le aziende speditrici, appurando, nella maggior parte dei casi, la fittizietà delle operazioni, l’assenza delle merci o la diversa destinazione d’uso dei locali.

In un caso, nei Paesi Bassi, anziché un deposito di vodka, la polizia olandese ed i Finanzieri hanno scoperto un laboratorio clandestino di MDMA, la droga in pillole meglio nota come “ecstasy”, attrezzato con alambicchi e barili di materia prima utili di produrre un numero elevatissimo di dosi.

In un altro, in Germania, la locale polizia ha rinvenuto 30.000 litri di alcolici scaduti, fatti più e più volte circolare per giustificare la movimentazione di quelli destinati altrove.

I vertici

Nel corso del 2018, sempre con la regia sovranazionale di Eurojust, i Finanzieri friulani hanno acquisito ulteriori riscontri in altri 3 Paesi europei, a Cipro, in Francia e nel Regno Unito, ultima tappa di una maratona investigativa che ha permesso di identificare i vertici del gruppo, il 63enne britannico B.N.D.S., alias “John” – definito dal Giudice per le Indagini Preliminari la “quintessenza” del gruppo criminale per la sua pervasiva capacità di manovrare, come un burattinaio, l’intero scenario, spostandosi, all’occorrenza, anche in Italia, per risolvere situazioni di stallo in grado di compromettere gli affari od attirare l’attenzione degli investigatori – ed il 46enne italiano L.D., punto di contatto con la costola pugliese dell’organizzazione, riparato nel Regno Unito per sfuggire ad un altro Mandato di Arresto Europeo.

In quell’occasione, la perquisizione dell’abitazione del “John”, permise di rinvenire informazioni e documenti utili a confermarne il ruolo di assoluta primazia sul resto dei sodali.

I promotori salentini

Accogliendo le richieste del Pubblico Ministero, D.ssa Viviana del Tedesco, il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Udine, dott. Matteo Carlisi, ha emesso un’ordinanza applicativa di misure cautelari personali nei confronti dei 20 associati, di cui due in carcere, ai vertici residenti nel Regno Unito, 4 ai domiciliari, ai promotori pugliesi, tutti residenti nel Salento.

Infine sono 14 gli obblighi di dimora, agli altri attivi nel meccanismo fraudolento, con ruoli variabili dalla gestione figurativa del deposito alla creazione e gestione virtuale dei documenti fiscali informatici di scorta.