Rapina aggravata e lesioni gravi in concorso, arrestati in sei

Nella mattinata odierna la Polizia di Stato ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone tutte residenti tra Campi, Trepuzzi e Surbo. Per uno di loro c’è anche l’accusa di detenzione ai fini dello spaccio di droga.

Una rapina come tante altre, ma che ha fatto scalpore per i modi estremamente aggressivi e violenti con cui è stata perpetuata. Nella mattinata odierna la Polizia di Stato ha eseguito sei ordinanze di custodia cautelare in carcere nei confronti di altrettante persone tutte residenti tra i comuni di Campi, Trepuzzi e Surbo. I sei sono accusati di rapina in concorso aggravata da lesioni, per uno di loro c’è anche l’accusa di detenzioni ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti.

Le ordinanze, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari dott. Stefano Sernia su richiesta del Pm dott. Giuseppe Capoccia, sono state eseguite nei confronti di Gianluca Negro, di fatto il capo della banda, soprannominato “Puntina” (da cui prende in nome l’operazione condotta dagli agenti della Polizia), 30enne leccese che era l’unico che conosceva la vittima ed era inserito all’interno del Clan Caramuscio; Giovanni Negro 22enne nato a Nardò; Cristian Cito, 26enne nato a Lecce; Cristian Lazzari, 32enne nato a Campi, anch’egli affiliato al Clan Caramuscio; Luca Giuseppe Cesaria, 21enne nato a Campi, Carlo Coviello, 38enne nato a Solingen (Germania). Quest’ultimo era l’unico che non aveva precedenti penali e per lui si era proceduto al solo provvedimento degli arresti domiciliari. Al momento del raggiungimento del provvedimento dei domiciliari in casa, però, sono stati trovati nella disposizione di Coviello, 40 grammi di cocaina. Per questa ragione si è provveduto, anche per lui, all’ordinanza di custodia cautelare in carcere.

Il fatto da cui è nata quest’operazione si è svolto lo scorso 3 aprile intorno alle ore 22.30 quando, il personale della Sezione Volanti è intervenuto presso l’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce in cui era arrivato un uomo che era stato vittima di una rapina. Ai poliziotti egli ha raccontato che, mentre si trovava a Surbo a bordo della propria auto (una “Mercedes Classe B”, insieme ad un conoscente, è stato affiancato e fermato da un gruppo di giovani che viaggiavano a bordo di due auto, una “Fiat 500” verde pastello dalla quale sono scese quattro persone e una “Audi A4 SW” nera dalla quale ne sono scese altre due. Questi ultimi, dopo aver aperto la portiera dell’auto con la forza, hanno fatto scendere la vittima e, quindi, uno dei quattro a bordo della Fiat 500, armato di pistola, lo ha colpito al capo. Come se non bastasse, successivamente, gli aggressori hanno infierito contro la vittima con calci e pugni su tutto il corpo.

I sei, successivamente, si sono allontanati con le proprie auto e con quella della vittima il quale, soccorso da un amico è stato condotto in ospedale, dove gli è stata diagnosticata una ferita lacero contusa alla testa e vari ematomi per tutto il corpo. Considerato che la vittima aveva fornito delle indicazioni utili al riconoscimento di alcuni degli aggressori tra cui anche la descrizione fisica, il personale della sezione volanti si è recato subito a Surbo dove, nei pressi di un bar, ha individuato un gruppo di giovani tra i quali Giovanni Negro che dalle informazioni fornite dal denunciante poteva essere uno degli aggressori e che, quindi, è stato condotto in ufficio. Ai danni di quest’ultimo, che tra l’altro risultava essere sottoposto alla misura della libertà vigilata con obbligo di permanenza in casa dalle ore 22.00 alle ore 8.00, è stata effettuata una perquisizione domiciliare, a seguito della quale è stata ritrovata l’auto rubata indicata dal rapinato.

Il personale della Squadra Mobile, dopo una complessa attività d’indagine è riuscito a ricostruire esattamente la dinamica della rapina e ad individuare gli altri autori del reato; in particolare Giovanni Negro che era stato aiutato da Lazzari e da due giovani di Trepuzzi che la persona offesa riconosceva con il soprannome di “Bomba” e “Macucu” i quali, anche dopo che la vittima era caduta a terra sanguinante hanno continuato con il pestaggio colpendolo con calci violenti, finché non si sono allontanati con l’auto rapinata.

Gli investigatori della Squadra Mobile, sulla scorta delle indicazioni fornite dalla vittima, irrobustite dalla ricognizione fotografica effettuata dopo pochi giorni dall'aggredito, sono risaliti anche agli altri quattro aggressori, ovvero Cesaria detto “Bomba” e Coviello detto “Macucu”. Decisivo per la credibilità della denuncia è risultato l'esame di una serie di filmati relativi a impianti di videoregistrazione che hanno permesso di accertare, proprio nel lasso di tempo indicato dalla persona offesa, dapprima il passaggio nella zona dei fatti di una “Audi” scura e di una “Fiat 500” e quindi una colluttazione di più persone che si scagliavano tutte contro un singolo individuo. Sul luogo dei fatti sono state riscontrate le tracce ematiche dell’aggressione.

L'auto oggetto della rapina è stata quindi abbandonata il giorno successivo all'episodio, probabilmente nella consapevolezza della denuncia sporta dal proprietario. Dieci giorni dopo l'aggressione, la stessa auto è stata incendiata. A giudizio del Gip l'episodio ha assunto “una duplice valenza: di significazione del prevalere comunque della volontà del gruppo di sottrarre quel bene, e di intimidazione, significando la volontà e la capacità del gruppo di raggiungere e colpire la vittima anche nella sua abitazione.



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