
La Guardia di Finanza del Comando Provinciale di Lecce nell’ambito delle attività svolte a contrasto della pirateria audiovisiva digitale hanno concluso un’indagine, risalendo all’ultimo anello della filiera illecita, a contrasto delle frodi a mezzo del sistema di streaming illegale Iptv – il cosiddetto ‘pezzotto’.
Le indagini, coordinate dalla Procura della Repubblica e condotte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Lecce comandato dal Colonnello Giulio Leo, grazie anche all’apporto dei militari specializzati “Computer Forensics Data Analysis”, hanno permesso di sottoporre a sequestro preventivo 5 beni immobili, 2 autovetture, di cui una d’epoca e circa 60mila euro in denaro contante riconducibili al principale indagato, il quale insieme ad altre tre persone, tutte concorrenti nel reato e residenti nella provincia salentina, sono stati denunciati all’Autorità giudiziaria per le ipotesi di reato in violazione della specifica normativa sulla protezione del diritto di autore nonché per autoriciclaggio.
Le attività sono proseguite in stretta sinergia con il Nucleo Speciale Beni e Servizi delle Fiamme Gialle di Roma, grazie al cui apporto è stato possibile estendere gli accertamenti su tutto il territorio nazionale e colpire peer to peer la “grande utenza” che alimentava (di fatto) questo sistema illecito, procedendo alla verbalizzazione di tutti gli utilizzatori finali, contrastando in tal modo la diffusione su vasta scala dei contenuti audiovisivi piratati. Si tratta in buona sostanza di tutti coloro che, con cifre modiche – si parla generalmente di una decina di euro al mese – facevano uso di quei sistemi che permettono di avere a disposizione tutti i contenuti a pagamento, coperti da diritti riservati, messi sul mercato dalle più note piattaforme di pay tv (Sky, Netflix e Dazn) e tutte dal rilevante valore economico.
Più nel dettaglio, 2.342 persone, residenti in 81 province del territorio nazionale, sono stati oggetto di un verbale di accertamento e contestazione delle violazioni amministrative, anche nella forma più grave della reiterazione. Nel caso di specie si è arrivati all’individuazione degli utenti finali attraverso l’utilizzo di tutte quelle informazioni acquisite (non solo di carattere tecnico) dal procedimento penale, il cui utilizzo, per le finalità “amministrative”, è stato autorizzato dalla Procura della Repubblica di Lecce. Le informazioni rese così disponibili (incluse quelle bancarie e delle carte pre-pagate) hanno consentito l’esatta individuazione di tutti i fruitori in capo a coloro che, mese per mese, inviavano il pagamento per “abbonarsi” alla piattaforma abusiva. Infatti, a causa dell’imponente giro d’affari illecito, gli utenti finali pagavano il corrispettivo pattuito attraverso ricariche di diverse tipologie (per es. postepay, paypal, revolut, N26, etc.etc.) su carte o sistemi di pagamento riconducibili agli utilizzatori delle citate piattaforme.
Naturalmente, il procedimento penale verte ancora nella fase delle indagini preliminari e che la responsabilità degli indagati sarà definitivamente accertata qualora intervenga sentenza irrevocabile di condanna.