«Operazione Bad Cheque», stroncata un’organizzazione usuraia

Si chiama ‘Operazione Bad Cheque’ che ha portato all’arresto di cinque persone della provincia di Lecce. Avevano messo su un’organizzazione di usura ed estorsione. I finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare.

Dal prestito, alla richiesta di riscossione del credito, fino ad arrivare ad intimidazioni e minacce. È questo il solito rituale che si segue quando si parla di usura ed estorsione ed è il medesimo che ha visto come protagonisti cinque soci di una società di capitali salentina che opera nel settore commerciale.

Alle prime ore di questa mattina, infatti, i Finanzieri del Nucleo di Polizia Tributaria di Lecce hanno eseguito quattro ordinanze di custodia cautelare agli arresti domiciliari e sequestrato beni stimati in 10 milioni di euro nei confronti dell’associazione per delinquere finalizzata all’usura e all’estorsione, che da tempo perpetrava questa attività, minacciando e incutendo terrore ad alcuni individui della zona. Il nome dell'operazione ad opera della Fiamme Gialle è stata denominata "Bad Cheque". Uno dei cinque uomini raggiunto dall’ordinanza, si trova attualmente a piede libero perché non ancora rintracciato.

I cinque “arrestati” rispondono ai nomi di: Aurora Pepe, 56enne di Aradeo; Roberto Giuri, 51enne di Neviano; Carmine Minerba, 83enne di Aradeo e i suoi due figli, Antonio e Massimo (quest’ultimo è l’individuo ancora da rintracciare) e sono tutti incensurati. I cinque erano, come detto, soci con le stesse percentuali dell’Istituto popolare Salentino, società compresa nei beni a loro sequestrati insieme a 7 immobili complessivi (3 locali commerciali e 4 appartamenti, di cui tre muniti di box), 5 autoveicoli e 18 rapporti bancari/postali. L’istituto finanziario e gli altri beni posti sotto sequestro sono stati affidati all’amministrazione di un custode giudiziario appositamente nominato dal Tribunale di Lecce.

Le complesse investigazioni, condotte dal Gruppo Investigativo Criminalità Organizzata di Lecce ed eseguite anche mediante intercettazioni telefoniche, hanno evidenziato come tale consorteria criminale avesse posto la propria base operativa all’interno della società di intermediazione finanziaria, per mezzo della quale riusciva ad avvicinare imprenditori della zona in grave stato di bisogno ed a cui era di norma precluso l’accesso agli ordinari canali bancari, proponendo finanziamenti a tassi di interesse elevatissimi, anche superiori al 140% annuo, mediante lo “sconto” di assegni post-datati e l’acquisizione di idonee garanzie, quali cambiali, assegni emessi da terzi garanti e, spesso, anche beni immobili di rilevante valore come abitazioni o locali commerciali.

Le vittime, per lo più residenti nei comuni di Neviano, Nardò, Galatone, Gallipoli, Parabita, e Galatina, non potendo corrispondere puntualmente gli elevati interessi, erano costrette a sostituire gli assegni non coperti alla scadenza con nuovi titoli, coinvolgendo nel torbido e vorticoso meccanismo parenti od amici, il tutto a vantaggio del sodalizio che così vedeva accrescere la propria influenza ed il relativo giro d’affari illecito. Allo scopo di ottenere il pagamento degli interessi, gli indagati non disdegnavano il ricorso alla minaccia di azioni esecutive sui titoli offerti in garanzia, ovvero sui beni delle vittime, così ponendo in essere vere e proprie estorsioni in danno dei malcapitati. Le minacce e le intimidazioni, però, non sono mai sfociate in atti di violenza fisica.

La ricostruzione dei fatti oggetto di indagine, che ha interessato il periodo compreso tra il 2008 ed il 2012, ha consentito di individuare molteplici episodi usurai in danno di 8 vittime (tra cui una donna incinta di otto mesi) e di determinare le somme complessivamente concesse in prestito in oltre 4 milioni e 400 mila euro. Gli accertamenti svolti sulla compagine societaria dell’istituto e sulla sua clientela, hanno inoltre consentito di rilevare che, negli anni passati, talune operazioni di sconto  assegni erano state eseguite anche in vantaggio di esponenti dell’associazione mafiosa denominata sacra corona unita e nota come “Clan Coluccia” e che taluni esponenti di rilievo di tale consorteria avevano detenuto, nel tempo, direttamente o per il tramite di congiunti, quote di partecipazione nella citata S.p.A..

Le indagini, avviate in seguito alle denunce sporte da alcune vittime, sono state dirette dal Procuratore della Repubblica Dr. Cataldo Motta e dal Sostituto Procuratore Dr. Alessio Coccioli.



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