‘Un giorno vorrei guardare in faccia gli assassini di mio figlio’: le parole di Cecilia Greco, mamma di Simone

Cecilia Greco, la mamma di Simone Renda, il bancario leccese morto in circostanze misteriose in un carcere messicano, ha commentato la condanna dei sei imputati: ‘Il mio pensiero – ha detto – va a tutte le madri che hanno perso un figlio’

Il processo sulla morte di Simone Renda avvenuta il 3 marzo 2007 in un carcere messicano si è appena concluso. Naturalmente c'è molta commozione, ma anche una grande soddisfazione per l'esito del processo, da parte dei genitori del giovane bancario leccese.
 
La madre di Simone, la signora Cecilia Greco commenta così la sentenza dei giudici:
 
"Il mio pensiero va a tutte le madri che si trovano in queste condizioni. Sono contenta che giustizia sia stata fatta. La forza della magistratura è encomiabile. La giustizia può essere lenta, ma non bisogna desistere.Continuerò a lottare per ottenere l'estradizione degli assassini di Simone. Un giorno vorrei avere la possibilità di guardarli in faccia. Infine, un pensiero alla famiglia di Giulio Regeni, a cui auguro di trovare serenità dopo la perdita del figlio."  
  
Gaetano Renda e Cecilia Greco, genitori di Simone, nel corso della prima udienza si sono costituiti Parte Civile con gli avvocati Pasquale Corleto e Fabio Valente.
  
L'avvocato Corleto ha sempre sottolineato, in aula, l'importanza del fatto che il processo si sia celebrato in Italia. Ha lodato l'impegno della Procura e ha duramente attaccato le autorità giudiziarie messicane per i tentativi di ostruzionismo ed insabbiamento delle indagini. In merito al punto ne bis in idem (un accusato non può essere giudicato due volte per lo stesso reato) ha contestato l'applicazione del principio, poiché lo Stato Italiano non è vincolato a quello messicano da nessuna convenzione bilaterale né internazionale.  
  
Nell'udienza del 29 settembre scorso, invece, il pubblico ministero Angela Rotondano, nel corso della sua appassionata requisitoria, ha chiesto la condanna di tutti gli imputati.
  
Il pm ha affermato che "La morte di Simone Renda sarebbe sopravvenuta per disidratazione, in seguito ad un atto d'indicibile di crudeltà, perpetrato da persone giuridiche che dovevano occuparsi di lui. Se fosse stato assistito in carcere dal punto di vista sanitario, si sarebbe evitato il decesso". Quanto accaduto al banchiere leccese, insomma, era una "cronaca di una morte annunciata".
 
"È noto a tutti gli imputati che Renda durante la detenzione fosse in isolamento, senza acqua né cibo, e ciò era noto anche ai detenuti. Si verificò una totale assenza di garanzie procedurali. Anche se l'ordine di scarcerazione fosse stato dato con le dovute modalità , sarebbe servito a qualcosa, in  assenza di provvedimenti a tutela della vita e della salute di Simone?
  
Alcuni degli imputati messicani sono invece assistiti dai legali Valerio Centonze, Alessandra Tommasi, Leonardo Maiorano ed Elda Laudisa che hanno sostenuto che non furono inflitte torture ai danni di Simone Renda e non vi era l'intenzione da parte degli uomini della polizia giudiziaria, di uccidere il bancario leccese. 



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