L’altare della Vergine a Cerrate ritorna grazie ad un bacio

L’antico altare dedicato alla Vergine, risalente al 1642, venne smontato negli anni ’70 durante i lavori di restauro e ritenuto “estraneo all’impianto”.

Tutto è iniziato con un bacio, quello che Umberto Martella rivolse verso la chiesa per salutare la Madonna, guidato da una abitudine devozionale perpetrata negli anni, direi nei secoli, senza però un altare, un luogo fisico a cui orientare il saluto, il bacio, una preghiera.

Così Marco Magnifico, Vicepresidente esecutivo FAI, racconta l’intuizione di ricollocare nel sito originario, l’antico altare dedicato alla Vergine, risalente al 1642, smontato negli anni ’70 durante i lavori di restauro e ritenuto “estraneo all’impianto”.

Eravamo negli anni in cui, in pieno razionalismo, si legiferò a favore dell’architetto come direttore dei lavori, spingendo la teoria del restauro verso un purismo di ripristino dei luoghi, spesso disastroso per la storia dell’arte: molti manufatti vennero spogliati dalle cosiddette superfetazioni successive, con la conseguenza di ripristinare lo stato dei luoghi spesso come non lo era mai stato.

In questa ottica furono eliminati tutti gli elementi non pertinenti alla fase costruttiva di Cerrate e l’altare giacque smontato nel cortile esterno e sottoposto alle intemperie fino a quel famoso bacio. Fino al 2012 quando il FAI iniziò i lavori di restauro dell’intero complesso, affidatogli in concessione dalla Provincia di Lecce.

Il restauro del FAI

In questo progetto rientra anche la ricollocazione dell’altare della Vergine, risalente al 1642, terminata in questi giorni e benedetto il 12 settembre, giorno della Festa della Natività del Santissimo Nome di Maria, da Sua Ecc.za Rev.ma Monsignor Michele Seccia, Arcivescovo Metrpolita di Lecce. All’inaugurazione era presente Antonio Gabellone, Presidente Provincia di Lecce, “padrone di casa” di Cerrate, che ha ricordato l’intuizione del senatore Pellegrino nell’individuare la potenzialità di questo accordo, poi perdutasi nelle pastoie burocratiche e infine perseguito tenacemente grazie all’interessamento del dott. Giacomo Mazzeo, segretario generale della Provincia di Lecce.

Il FAI viene indicato anche come modello di sviluppo economico per un turismo di qualità. Ha fatto seguito Loredana Capone, Assessore Industria turistica e culturale Regione Puglia, che ha sottolineato come certi successi sono il risultato di un lavoro di squadra, in cui ciascuno di noi ha un valore nella storia.

Infine, Silvia Miglietta, Assessorealle Pari Opportunità Comune di Lecce, ha ricordato come l’abbazia di Cerrate sia un modello di dialogo come promosso recentemente proprio dal Comune di Lecce con un protocollo di intesa con le 14 diverse comunità religiose per promuovere conoscenza e rispetto della diversità.

Fondamentale per la lettura dell’intero complesso in chiave bizantina il contributo di Papas Nik Pace, Parroco della Chiesa Greca di Lecce. La presentazione è entrata nel vivo con le relazioni tecniche di Daniela Bruno, Responsabile Ufficio Valorizzazione e Ufficio Paesaggio e Patrimonio FAI e Giacomo Sosio, Progettista e direttore dei lavori- Ufficio Restauro e Conservazione FAI. La storia della Chiesa di Cerrate è nota. Fondata tra la fine dell’XI e l’inizio del XII secolo è un esempio straordinario di quella commistione di romanico pugliese e cultura bizantina che hanno da sempre caratterizzato l’anima ad est di questa estrema punta dell’Italia.

Dopo un periodo di abbandono, testimoniato da documenti di metà ‘500, la chiesa ebbe nuovo splendore nel ‘600 con la collocazione di due altari, uno dedicato alla Vergine nel 1642, l’altro dedicato a S. Oronzo del 1661.

Attraverso indagini archeologiche accurate e confronti con fotografie ante rimozione, si è arrivati a comprendere l’esatta collocazione dell’altare ricostruito e non eretto ex novo sul luogo di un altare più antico come si evince dall’iscrizione che parla di “restituit” e non “aedificavit”.

Dunque, l’altare seicentesco molto probabilmente rifoderava un altare preesistente con affreschi, in parte strappati e ricollocati in ambienti attigui alla chiesa, e colonnette che inquadravano l’immagine.

Il restauro ‘picca picca’

Il puzzle è stato ricomposto in modo millimetrico, come ha raccontato l’architetto Sosio, con la modalità salentina del “restauro picca picca”, ovvero per movimenti ed intuizioni apparentemente minime, ma che hanno restituito fedelmente il manufatto.

particolare

Al visitatore l’altare appare oggi come era nelle chiese bizantine, nella navata sinistra su una piattaforma di pietra leccese, su cui poggiano la mensa sorretta da stipiti modellati e scolpiti e da un paliotto decorato a bassorilievo con motivi vegetali ed una figura di orante racchiusa in un clipeo circolare.

Dalla mensa due colonne inquadrano l’immagine della Vergine con il bambino, opera recente di Nicola Ancona, in sostituzione dell’immagine seicentesca rubata, che probabilmente occupava il posto di un’immagine acheropita della Vergine.

La tela è inserita in una cornice con anta di vetro realizzata dalla falegnameria Caputo di Lequile. La trabeazione è dominata dall’iscrizione sottostante il fregio e il timpano spezzato. Sulla mensa la tovaglia tessuta a telaio della Fondazione Le Costantine di Uggiano la Chiesa e i candelieri e i vasi per i fiori donati dal dott. Sandro Mannarini.

Un altro successo del FAI, un altro traguardo della Delegazione di Lecce, rappresentata da Adriana Bozzi Colonna. Ad maiora.



In questo articolo: