Lecce svela le sue Mura Urbiche, un ‘gioiello’ di storia sotto gli occhi di tutti

Finito il lungo restauro, le Mura Urbiche sono tornate al loro antico splendore. La loro imponente bellezza che trasuda storia conquisterà i tantissimi turisti, ma anche tutti i salentini che entreranno a Lecce dall’ingresso Nord.

Mentre sul suo impero non calava mai il sole, l’imperatore Carlo V aveva alle porte la mezza luna ottomana che minacciava pericolosamente i suoi domini, esponendo pericolosamente il sud Italia alle invasioni che già avevano lasciato strascichi terribili di eccidi e distruzioni. E così l’imperatore, il grande stratega appassionato di musica sacra, che amava Tiziano, l’artista più abile nel dissimulare la sua mandibola storta, puntellò l’Italia meridionale con imponenti cinte murarie che collegavano idealmente Monopoli a Catania, Lecce a Crotone. Dette incarico a Don Pedro de Toledo y Zùniga, Vicerè di Napoli di censire e ispezionare le fortificazioni. Ne risultò un nastro poderoso di mura di cinta, aggiornate alle grandi innovazioni che Peruzzi e Sangallo avevano già sperimentato nell’Italia centrale, con l’adozione di soluzioni innovative come l’introduzione di bastioni angolari a difesa delle cortine (i tratti rettilinei) più esposti agli attacchi esterni.
  
Lecce rientrò pienamente nella riqualificazione della cinta muraria e l’incarico fu affidato nel 1539 all’architetto magister “regio ingegnere militare” barone Gian Giacomo dell’Acaya, già autore della riqualificazione del borgo fortificato di Acaya, in forma di città ideale. La fabbrica crebbe con maggiore impulso dal 1542 con Don Ferrante Loffredo, governatore delle provincie di Bari e di Terra d’Otranto, il cui nome in epigrafe “F.D.Lofredo” si staglia sul bastione occidentale del tratto di mura nel tratto nord-occidentale, avamposto privilegiato per la attività difensive,  noto con il nome di Bastione di S.Francesco, appena restituito, dopo un attento e scrupoloso restauro, alla città di Lecce. In particolare, il tratto di riferimento, grazie alla campagna di scavi coordinata dal prof. Paul Arthur, docente di Archeologia medievale, Direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici 'Dinu Adamesteanu', ha evidenziato un cambiamento rispetto al progetto originale che prevedeva un semplice sperone sostituito da un efficace e scenografico sperone a tenaglia.
  
La cinta muraria fu dunque «sostituita da una fortificazione “alla moderna” cioè dotata di possenti baluardi capaci di resistere all’attacco con le nuove armi da guerra (le artiglierie)» come commenta l’arch. Patrizia Erroi, progettista e direttore dei lavori per il Comune di Lecce. Il fronte difensivo dell’intero tratto è di circa 60 metri e si compone di due piani: quello superiore, sopra la quota del fossato, e quello inferiore, interrato, scavato in parte nel banco di roccia che corrisponde al calpestio interno.
  
La struttura muraria in oggetto, si eleva per un’altezza di 4 metri lineari, in coincidenza dei bastioni e leggermente inferiore nei tratti rettilinei, impostata su un banco di roccia, ben visibile ai visitatori nei camminamenti  interni. E’ realizzata con la tecnica costruttiva “a sacco”, la stessa usata dai Romani ed ampiamente sperimentata nell’edilizia. Il materiale usato è la pietra leccese, levigata nella parte esterna, scabra all’interno e tagliata in blocchi isodomi, di cui il restauro ha conservato la patina.
 
All’interno di ciascun bastione della “tenaglia”, una casamatta con postazioni di difesa strombate all’esterno sui fianchi di ciascun bastione, 6 troniere alla sommità per il lancio di difesa, 3 sulla cortina mentre le aperture sono assenti verso l’esterno in ciascun bastione. Non molte le concessioni all’estetica, come si conviene ad un ambiente difensivo: sottolineo tuttavia la firma dell’architetto Gian Giacomo dell’Acaya nello splendido capitello triplice rovesciato, all’interno dell’ambiente con triplice arco a tutto sesto. Sono emerse molteplici stratificazioni archeologiche come il rinvenimento di una strada romana del IV secolo, che collegava Lecce a Brindisi e alla via Appia, ed un tratto di fortificazione di età federiciana, oltre a tracce di graffiti come il cavaliere inciso sulla muratura esterna, tanto somigliante ad un ritratto di Carlo V di Tiziano, e all’interno nel vano superiore un tetragramma musicale con una dozzina di note, unitamente a croci, numeri, stemmi. Ricordiamo che l’ambiente ebbe un uso militare e carcerario fino al ‘900 e i restauratori hanno lasciato all’esterno una garitta che ricorda l’antico utilizzo. E’ stato rinvenuto vasellame risalente tra il IV e il III sec. a.C., frammenti lapidei databili tra il XVI e il XVIII secolo, oltre a reperti più recenti sette-ottocenteschi.
 
Di grande suggestione il sistema di illuminazione a basso impatto ambientale e in linea con l’utilizzo delle fonti naturali e l’utilizzo dell’acciaio COR-TEN per tutte le componenti strutturali e per le parti metalliche, posto in essere dall’Impresa Capriello Vincenzo Restauri, che ha realizzato l’intervento.
  
E davvero stupendo si presenta l’arrivo in questa bellissima Lecce: un dialogo denso e luminoso come la sua pietra tra il bastione inespugnabile di S.Francesco e il Convento rinnovato degli Agostiniani.



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