Addio a Domenico Modugno, l’uomo che con la sua voce insegnò a ‘Volare’

Sono passati anni da quando Domenico Modugno, non c’è più, ma il ricordo di “Mister Volare” continua a vivere nelle canzoni che ha lasciato in eredità al mondo.

Una carriera costellata da 230 canzoni, 38 film per il cinema e 7 per la televisione, 13 spettacoli teatrali e alcuni programmi televisivi. Perché Domenico Modugno non è stato solo un cantante dal talento indiscusso che affascinò persino Salvatore Quasimodo e Pier Paolo Pasolini. Mimmo, Mimì per gli amici, è stato molto di più: un bravissimo attore, un presentatore e un interprete che, con la sua voce, è riuscito a conquistare il mondo intero.

Lo dimostrano i 60 milioni di dischi venduti in ogni angolo della terra e quel “volare” che incanta ancora oggi. Il pezzo non è che «Nel Blu dipinto di Blu», scritto insieme a Franco Migliacci e presentato nel 1958 al Festival di Sanremo (vinto per quattro volte). E pensare che nessun artista del tempo era disposto a cantarla. Così, incoraggiato dalla moglie Franca, Modugno decise che era arrivato il momento di osare, di rompere le regole. Si presentò in tandem con Johnny Dorelli, come prevedeva il regolamento, e vinse a furor di popolo. Il pubblico dall’austero Salone delle Feste del Casinò Municipale andò in visibilio.

Il resto è storia: Volare – tradotta in tredici lingue – è seconda solo a ‘O Sole mio per popolarità. È un gioiello, uno dei tanti dell’artista di Polignano a Mare, città allora sconosciuta che aveva lasciato a 19 anni per inseguire un sogno. Lui che per volere della famiglia doveva fare il ragioniere ha scritto pagine bellissime. Una su tutte: Vecchio frac, un capolavoro in musica. Solo Modugno avrebbe potuto ‘raccontare’ fischiando e percuotendo la cassa della chitarra un tristissimo caso di cronaca vera, il suicidio del principe Raimondo Lanza di Trabia, marito dell’attrice Olga Villi, che si era lanciato nel vuoto dal suo palazzo di via Sistina, a Roma. O ancora La Lontananza, Tu si’ ‘na cosa grande, Resta cu’mme e Meraviglioso, regalato alle giovani generazioni dai Negramaro.

Se ne andò in un torrido pomeriggio d’estate, a soli 66 anni. Era il 6 agosto del 1994, quando fu stroncato da un infarto nella sua casa di Lampedusa. Già provato nel fisico da quando un ictus lo aveva colpito nel 1984 mentre stava registrando il programma “La luna nel pozzo”, negli studi Mediaset di Cologno Monzese.

Da allora la sua vita si era trasformata in un vero e proprio calvario, ma Mimì non si era mai arreso. Trovò la forza di ripresentarsi sulle scene, fino all’ultimo, indimenticabile, concerto nella sua Polignano a Mare il 26 agosto 1993. Una sorta di ‘riconciliazione’ con la sua città che si era sentita “tradita” da Modugno che, all’inizio della sua carriera, si spacciò per siciliano.

Era il 1951, quando prese parte al film “Carica eroica”, dodicesima pellicola diretta da Francesco De Robertis. Un Domenico ancora studente vestiva i panni di un soldato siciliano e doveva cantare la “Ninna nanna” ad una bambina. Scelse una canzone popolare “Ulìe ci tiene ulìe”. In in quei giorni, nacque la leggenda del Modugno ‘siciliano’. Anzi, di Domenico Modugno.

Sono passati 25 anni, ma il ricordo di Mimmo non si è mai affievolito.