La fortuna del centrodestra leccese negli ultimi vent’anni ha avuto un nome: centrosinistra. Adesso ne ha due di nomi: centrosinistra e cinquestelle. Sì, perché alla fine dell’Era Perrone e dopo l’era Poli Bortone non si intravede possibilità di ribaltone politico. Certo, il centrodestra sta facendo tutto per perdere, ma dalle altri parti in questa ‘battaglia al contrario’ sono più bravi.
Stato dell’arte: non avendo preparato la successione con largo anticipo, il sindaco uscente di Lecce si trova un esercito di pretendenti. Come a scuola, ecco l’elenco (in rigoroso ordine alfabetico): Congedo Erio, Delli Noci Alessandro, Marti Roberto, Messuti Gaetano, Monosi Attilio. Presenti!
Roberto Marti è considerato e si considera il candidato vincente ma non avendo fatto passi in avanti deve ancora aspettare il casus belli per entrare in gioco e scatenare la tempesta elettorale.
Alessandro Delli Noci, ‘il nuovo che avanza’, prova a presentarsi come il candidato in grado di andare oltre lo schieramento del centrodestra, talmente oltre che potrebbe diventare il candidato di un centrosinistra nel suo ultimo tentativo di autodistruzione.
Erio Congedo è un candidato che piace ma avrebbe due difetti di fabbrica: la sua storia politica non mette radici nel fittianesimo ed è cognato di Paolo Perrone. Una sua eventuale indicazione verrebbe tacciata di successione dinastica.
Attilio Monosi, sveglio assessore ai tributi della Giunta Perrone, è partito male nella corsa a ostacoli per la sindacatura e sembra destinato a uscire di scena nel casting per il ruolo di protagonista.
Gaetano Messuti è partito per primo, invece. Ha una serie di opere pubbliche da inaugurare da qui alla prossima primavera, non ha la forza d’urto di Marti e Congedo ma ha ricevuto il sostegno strumentale delle forze di centro e di centrodestra convinte, tramite lui, di spaccare i Cor. ‘Come potranno dire di no ad un loro uomo che è già partito in campagna elettorale e che uscirebbe politicamente distrutto in caso di disimpegno dei fittiani? Costringiamoli a convergere su Messuti e ci evitiamo così il rischio Marti o il rischio Congedo’.
Indubbio che la provocazione di Ap e Forza Italia crea più di qualche problema a Perrone e ai suoi fedelissimi. Delle due l’una: o si continuerà a fare finta di nulla – come accade ora – quasi che la candidatura di Messuti sia una autocandidatura della quale in futuro l’avvocato leccese dovrà dare conto solo a se stesso o per davvero si va a vedere il bluff centrista.
Infatti cosa accadrebbe se i Cor dovessero accettare l’opzione Messuti? Cosa farebbe Forza Italia? Per davvero convergerebbe unita e compatta o comincerebbero, invece, i distinguo da parte di chi, nel partito azzurro, non sta aspettando altro che la rottura del centrodestra su Messuti per presentare vie diverse e candidature più o meno nuove? Sullo sfondo la guerra fredda tra Perrone e Fitto, non più in perfetta sintonia a detta dei ben informati.
Dall’altra parte della barricata poche idee e confuse pure. I Cinquestelle non incidono a livello cittadino, sono poco dinamici, la pallida immagine dell’effervescenza nazionale (non è chiaro il perché). Il centrosinistra dopo l’autogol della presentazione della candidatura di Alfredo Prete sembra destinato alla divisione: difficile se non impossibile ricompattare le tante anime intorno ad una figura condivisa per davvero. L’esperienza di questi giorni di campagna elettorale referendaria racconta la storia di un Partito Democratico senza una visione unitaria delle cose.
Ma ancora c’è tempo. È presto per lanciare la volata alle prossime amministrative. Nessuno vuole entrare già ‘papa’ in Conclave a novembre con il serio rischio di uscire da semplice cardinale. C’è tempo per scegliere il giusto profilo, il giusto nome, il giusto candidato, tanto è questa l’unica cosa che conta. I programmi chi li legge?
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