​Tripudio per Teresa Bellenova all’assemblea del Pd. A Emiliano non riesce la mediazione

Sono i pugliesi i protagonisti dell’Assemblea del Partito Democratico che si conclude con le dimissioni di Matteo Renzi da segretario e l’apertura della fase congressuale. La scissione con la minoranza sembra scontata.

Nelle ore in cui si consuma uno dei momenti più difficili della storia del Partito Democratico, sono due pugliesi a prendere la scena e a infiammare un dibattito che sembra portare dritto dritto alla scissione del partito nato dalla fusione dei Democratici di Sinistra e della Margherita.
 
Se il Governatore di Puglia, Michele Emiliano si è messo alla testa degli scissionisti (anche se nel pomeriggio il più forte tentativo di mediazione lo si è avuto grazie alle sue parole a cui ha fatto seguito perfino una stretta di mano con Matteo Renzi), a registrare un’autentica standing ovation è stata la salentina Teresa Bellanova, sottosegretaria al Lavoro nel Governo Gentiloni che ha tuonato contro la minoranza dei democratici, rea di indebolire ogni giorno l’azione dell’esecutivo: ‘Non è possibile tutti i giorni, quando siamo in giro per l’Italia a presentare le iniziative del Governo, sentirsi perennemente attaccati non solo da Beppe Grillo e dai CinqueStelle, ma dal fuoco amico dei colleghi di partito che la pensano in maniera differente’ ha dichiarato. 
 
Al termine di questa frase, i tanti delegati si sono alzati in piedi per tributare una vera e propria ovazione alla sindacalista salentina, segno che spazio per una riappacificazione tra Renzi e Bersani non ce n’è.
 
E’ stato proprio l’ex Presidente del Consiglio a chiudere ogni spiraglio di pace: ‘La parola scissione è una delle parole più brutte del vocabolario politico italiano – ha detto il toscano – ma peggio di scissione c’è soltanto la parola ‘ricatto’ e noi non possiamo essere ricattati da chi, essendo minoranza, si rifiuta di fare la sua battaglia all’interno del partito e chiede esclusivamente la mia testa’.

Renzi, insomma, con il carattere decisionista che lo contraddistingue, tira dritto. Si dimette da Segretario e apre la fase congressuale con la relativa conta che ne conseguirà. I bersaniani e i dalemiani (insieme a Rossi, Speranza, Emiliano, Boccia) preferiscono togliere il disturbo e riorganizzarsi altrove, non più all’interno del Pd. Nemmeno l’appello di Veltroni all’unità è stato ascoltato, a dimostrazione che il tafazzismo continua ad imperare in ogni latitudine della politica italiana.
 
Dopo questo weekend di passione, il Presidente Emiliano può rientrare in Puglia per occuparsi a tempo pieno di un regione che non se la passa meglio del suo partito.



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