Anno nuovo, prospettive nuove. Che fine ha fatto il ‘Grande Salento’?

Cosa resta di quell’ideale che aveva fatto sperare nell’autonomia del nostro territorio? Da Taranto a Lecce, passando per Brindisi, uno spaccato sullo stato di salute del tacco d’Italia e delle sue prospettive per il nuovo anno appena arrivato.

C’era una volta il “Grande Salento”, ovvero quel sogno di vedere, un giorno, il nostro territorio alzare finalmente la testa per rivendicare la sua indipendenza o, quantomeno, una sua autonomia da una Puglia che, al contrario, ne reprime sistematicamente le legittime aspirazioni. Un’idea quasi virale che aveva investito ogni parte della società, dai singoli cittadini alle autorità politiche agli esponenti economici alle realtà industriali e produttive in genere; non c’era occasione, se ben ricordate, che quella parola, Salento, non venisse fatta oggetto di identità, marketing e battaglie atte a riaffermarne l’esistenza.
 
Dall’oggi al domani, come nulla fosse, ci si è ritrovati dinanzi al fioccare di realtà che, in questa causa, sostenevano trovare la loro ragion d’essere, vedi l’Aeroporto del Salento, i vari Tg rinominatisi “del Grande Salento”, come pure i vari meeting tra i sindaci dei comuni capoluogo e i presidenti delle tre province interessate (o buona parte di esse almeno) dal progetto unitario, Salento di qua, Salento di là… insomma, Salento ovunque, sempre e comunque!
 
Un discorrere e un progettare andato avanti per anni che, da un momento all’altro, però, si è dissolto nel vento con la stessa rapidità con cui aveva preso a serpeggiare da Leuca in su. Una meteora che aveva giusto avuto il tempo di brillare nel firmamento per finire, poi, disgregata come qualunque altra. C’è chi ha visto, in questo, una responsabilità diretta della riforma delle province voluta dall’allora governo Monti che voleva Brindisi annessa a Taranto tagliando, di fatto, Lecce fuori da una qualsivoglia visione di insieme. Da lì, in seguito, partirono le spinte da parte del distretto adriatico per essere, invece, accorpato a quello lupiense con la conseguente indignazione di quello ionico per quello che, evidentemente, fu visto come un affronto.
 
Bagarre, insulti, illazioni si sprecavano, ogni giorno, in reciproche accuse e recriminazioni a vario titolo e da esponenti di ogni grado e sorta. Chissà, probabilmente quella fu solo l’occasione che i vari campanilismi aspettavano per rifarsi sotto, per rimarcare le diversità che, innegabilmente, ci sono tra le differenti realtà che, il Salento, lo compongono e che hanno finito, nel tempo, per logorarne rapporti e opportunità in favore della tanto vituperata Bari che, a differenza loro, va detto, continuava e continua giustamente a fare i suoi interessi.
 
Cosa resta, allora, del Grande Salento? Sicuramente una Taranto avvelenata da un’industria pesante da cui difficilmente, da sola, riuscirà mai a separarsi con la prospettiva di un’economia nuova e più ecosostenibile; una Brindisi politicamente instabile e, per tale ragione, incapace di contrapporsi agli eventi di cui troppo spesso è solo spettatrice, quando non vittima, e una Lecce che, seppur turisticamente sovraesposta e decantata, non trova, comunque, il modo di trarne i benefici che vorrebbe con la conseguenza di rischiare la fine di una bella donna i cui trucchi ed orpelli faranno la loro parte finché l’incalzare del tempo non sarà più celabile.
 
Perché, vedete, di belle donne, come di belle città, ne è pieno il mondo e, questo, i nostri concittadini lo hanno ormai capito. Una città, infatti, al pari di una donna, è assai più bella se, però, anche balla! Brindisi, Lecce e Taranto, a quanto pare, voglia di ballare ne hanno poca e, a fronte di una disoccupazione giovanile che non accenna a diminuire, di un aumento spaventoso della povertà fra i nostri concittadini costretti a recarsi presso i centri Caritas per avere un pasto giornaliero e di un conclamato immobilismo economico, continuare a dire “basta che c’è sto sole, basta che c’è sto mare”, evidentemente, non è più sufficiente.
 
L’anno che è appena iniziato vedrà almeno due dei comuni capoluogo del nostro territorio (se non tutti e tre!) tornare alle urne per scegliere i loro nuovi amministratori cui spetterà, soprattutto, disegnarne le prospettive future e, chissà, riprendere le fila di un discorso che, in fondo, poteva, e può ancora, rappresentare la possibilità di risollevarne le sorti… buon 2017, Salento!
 
A cura di Luca Nigro



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