Ci fu un estate, quella dell’ormai lontano 2010, ancora più calda di quella di quest’anno. E non ci riferiamo certamente agli aspetti legati all’afa e alla meteorologia, bensì alla politica. Era l’estate in cui Vincenzo Barba dichiarava guerra al progetto di Italia Navigando – sponsorizzato dall’allora presidente Ernesto Abaterusso e dall’allora sindaco della Città Bella Giuseppe Venneri.
Quel progetto prevedeva la riconversione del Porto Mercantile di Gallipoli in porto turistico con la realizzazione di un cospicuo numero di banchine che avrebbero consentito l’attracco delle barche da diporto, incentivando il turismo nautico nella perla dello Jonio.
Apriti cielo! L’allora parlamentare di centrodestra portò avanti una crociata contro quel progetto, a costo di rompere l’asse con il sindaco della Città Bella che Vincenzo Barba aveva sostenuto nel suo ritorno a Palazzo Balsamo, ma di cui non aveva condiviso l’adesione al progetto di Italia Navigando.
I malpensanti accusarono Barba di voler difendere il porto mercantile per interessi personali, ma il petroliere jonico si difese in tutte le sedi raccontando, dati alla mano, la storia di un porto commerciale che era stato la causa della crescita di Gallipoli, che versava in una crisi congiunturale ma che sarebbe diventato nuovamente il fulcro della rinascita gallipolina, poiché un porto commerciale così non poteva essere affossato con il posizionamento delle banchine pensate da Italia Navigando ma doveva essere aiutato a riprendersi e a decollare, nell’interesse anche delle famiglie che lavoravano nell’indotto economico realizzato dai traffici.
Oggi che si apprende che l’attuale consigliere regionale del Pd, Ernesto Abaterusso, è stato coinvolto nelle vicende giudiziarie relative alla costruzione del porto turistico di Fiumicino, Barba fa un salto indietro nel tempo, rispolvera la sua battaglia e lancia la provocazione: ‘Nel frattempo ci piace rimarcare il fatto che grazie alla nostra battaglia politica riuscimmo a scongiurare una vera e propria ecatombe, anzi, abbiamo evitato che gli uffici giudiziari salentini si ingolfassero di ulteriore materiale su cui indagare. Magari se allora la nostra battaglia non fosse andata in porto, oggi sarebbero a Civitavecchia a leggere la storia di qualche indagato nel tacco d’Italia per la pseudo riconversione del Porto di Gallipoli…’
Si badi bene che Ernesto Abaterusso si è professato estraneo ad ogni addebito della magistratura laziale, dichiarandosi basito da un coinvolgimento che non trova ragione nei fatti e nella logica.
Tuttavia l’ex senatore gallipolino, ricordando le battaglie di quei giorni, coglie l’occasione per rincarare la dose: ‘In quelle lunghe settimane, da soli contro tutto e contro tutti, gridavamo la nostra contrarietà a un progetto che avrebbe annientato la città di Gallipoli, privandola del suo storico e glorioso approdo mercantile, al cui rilancio sono legate le sorti della futura rinascita della “Città Bella” in cambio di non si comprende bene cosa, dal momento che, il porto turistico – e non bisogna certo essere ingegneri navali per saperlo – non si crea dal nulla, ma ha bisogno di spazi adeguati per poter nascere. Noi dicevamo allora e continuiamo a dire ora che ben venga un porto turistico, ma solo dopo aver individuato nuove zone idonee alla costruzione di tale importante struttura, ritenendo la fantomatica riconversione del porto mercantile un modus operandi che nascondeva scelte politiche e personali poco chiare, anche se di facilissima comprensione.’