Corruzione e nepotismo nell’Università italiana? Le parole di Cantone fanno male e i docenti prendono carta e penna

Le affermazioni del presidente dell’Autorità nazionale anti corruzione, Raffaele Cantone, hanno scatenato una serie di reazioni tra cui una lettera di chi si è sentito tirato in causa, come molti docenti universitari.

Fuga dei cervelli, corruzione e nepotismo nell’università italiana”, dalle parole del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione Raffaele Cantone è nato un ampio dibattito, oltre che una lettera da parte di oltre 5800 docenti universitari di ben 88 Università italiane e Istituti di ricerca.
 
I docenti osservano in prima persona che quanto segnalato da Raffaele Cantone nel corso del convegno tenutosi all’ateneo Luiss – Guido Carli e dal titolo “La lotta alla corruzione nella Pubblica amministrazione” esiste, non c’è dubbio ed è un male che va sradicato con forza. Ma  le affermazioni  di Cantone fanno rumore e potrebbero portare a derive pericolose, secondo i Docenti italiani.

Nell’Università vi sono – come si legge nella nota dei cattedrati– “tanti altri gravi problemi” e le parole del presidente Cantone rischiano di gettare “discredito sulla stragrande maggioranza dei Docenti. Diventa quindi anche un problema di dignità”.
  
La lettera segnala a Cantone che i giovani fuggono all’estero per altri problemi gravi problemi gravi, quali precariato, mancanza di posti a concorso (mancano dal 2010 ad oggi oltre 10000 posti all’appello), retribuzioni nettamente più basse che all’estero, blocchi periodici degli stipendi, fondi per la ricerca irrisori, l’assurdità di una ricerca non finanziata ma poi valutata per distribuire le risorse, tanta didattica non valutata, insufficienti borse di studio per gli studenti.

Come affermano i firmatari, sulla fuga dei cervelli “primeggia su tutto la mancanza di posti, per cui anche se non esistessero gli altri problemi e non esistessero affatto nepotismo e corruzione, buona parte dei giovani non avrebbe altra scelta che rivolgersi all’estero e l’Università italiana continuerebbe ad essere in crisi”.
 
Insomma, un quadro poco rassicurante di un’ Università Italiana in visibile sofferenza. “Il discredito demotiva i Docenti che lavorano con costanza e dedizione – si legge ancora nella nota – e che riescono a mantenere alto l’onore della nostra Università, consentendole di essere all’ottavo posto al mondo in termini di ricerca (dati OCSE) e di formare laureati assai apprezzati in  tutto il mondo, nonostante che sia fra le meno finanziate. I Docenti Universitari non meritano il discredito generalizzato che oggigiorno ricorre ovunque”.

Da qui la richiesta all’indirizzo del presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione “di riprendere pubblicamente l’argomento (sono insufficienti, e per alcuni versi peggiorative, le precisazioni dell’articolo firmato dallo stesso di Cantone su “la Repubblica” il 7 ottobre 2016) al fine di perfezionare la visione scaturita dalle Sue parole, in modo da evitare che le Sue stesse parole pure involontariamente gettino nuovo discredito sull’Università Italiana”.
 
I docenti dell’università italiana chiedono a Cantone “aiuto per contrastare la disistima che tanti spargono nei loro confronti, di  segnalare al più presto i casi di nepotismo e corruzione a cui si riferiva, dei quali, evidentemente, è a conoscenza”, nell’augurio “che la Magistratura faccia in fretta il suo corso e punisca in modo esemplare i casi di corruzione o nepotismo, spazzando il campo dalla facile demagogia che, basandosi su tali casi, fa di tutta l’erba un fascio”.

Insomma, si sentono offesi i cattedrati dell’Istitutzione più alta nella formazione dei cittadini. Le parole fanno male, sì, soprattutto in tempi bui in cui facilmente ci si può lasciare andare alla disistima verso sé e verso gli altri.



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