
Alla conta dei dati sul piccolo commercio, i centri più piccoli come Lecce ne escono col segno meno. È quanto emerge da uno studio effettuato da Confcommercio su 39 città italiane. In tre anni distanti nel tempo – 2008, 2012, metà 2015 – Unioncamere ha messo sotto la lente i negozi di vario genere e distinti per location (dal centro alla periferia).
Lo studio, portato all’attenzione dei media anche da Lecce Bene Comune, ha messo in evidenza che nelle città medie il calo della piccola offerta commerciale è più marcato che nel resto del paese. Lecce fa registrare una percentuale negativa che si aggira intorno al 10%, riguardo al commercio al dettaglio con sede fissa.
Un calo degli esercizi commerciali di circa l’8% nel centro storico e del 10,6% negli altri quartieri, con un calo anche di alberghi, ristoranti e bar.
Va detto che tra le 39 città analizzate Lecce ha il più basso numero di abitanti per esercizi commerciali: 49,2 abitanti per negozio in sede fissa e ambulante, contro numeri decisamente più alti in centri rapportabili per grandezza al nostro.
Come nella riflessione di Rita Miglietta di LBC, non si può negare che l’apertura di una struttura medio grande, da un lato può favorire la rigenerazione di un ambito urbano, dall’altro mette in seria difficoltà il piccolo commercio. Secondo Lecce Bene Comune le realtà commerciali in città non sorgono secondo un piano analitico e ben preciso, “nell’ottica di porsi come poli attrattori capaci di riqualificare ambiti urbani degradati, né coerentemente ad un bilancio sulla loro densità”. Al contrario, “sono sorte più per addizione, per riempimento di vuoti, spesso voltando le spalle a ciò che le circonda: basti pensare al complesso Agave".
In base alla riflessione di Rita Miglietta, a risentirne è “la qualità degli spazi pubblici, la loro vita quotidiana e le economie del quartiere, sia la qualità degli spostamenti”.
Di qui l’affondo di LBC . “La giunta nei giorni ha deliberato la realizzazione del cosiddetto Distretto Urbano del Commercio individuandolo nella zona compresa tra Piazza Mazzini e la 167. Il centro storico è fuori; Santa Rosa – dove il fenomeno della desertificazione è notevole – è fuori, come pure San Pio ed altri ambiti urbani. Perché? Analizzare l’offerta commerciale esistente in tutta la città, (comprendendo i mercati), leggere la tendenza in atto e incentivarne una nuova qualificandola per l’esercizio di vicinato (la filiera agroalimentare e forme miste di commercio), connetterla al sistema dell’ accessibilità (trasporto pubblico-privato, densità di parcheggi, aree pedonali, percorsi di mobilità dolce) è utile? Noi pensiamo di si”.
Si ricorda certamente il dibattito relativo all’istituzione delle Zone Franche Urbane, ovvero zona dalla fiscalità agevolata per le piccole e medie imprese. Secondo il Gruppo che vede a capo Carlo Salvemini “La fiscalità urbana non è l’unico strumento utile per contrastare la desertificazione; è lecito ad esempio chiedersi quale bilancio emerge oggi a dall’istituzione delle Zone Franche”.
In base alla Legge Regionale 24/2015 “Codice del Commercio” i Comuni sono chiamati a contrastare il fenomeno della desertificazione commerciale con la redazione di un documento strategico che possa conciliare le politiche urbanistiche con l’ offerta commerciale, secondo una visione di sviluppo socio-economico. “La nascita del distretto commerciale senza questo documento, e senza alcun nesso con il nuovo PUG, rischia di essere una scelta appesa sul nulla e ininfluente” conclude Rita Miglietta di Lecce Bene Comune.