Una campagna elettorale moscia. Cinque competitor che al momento sono tutti impegnati nella compilazione delle liste. Promesse elettorali a livello di libro dei sogni. Cittadini indecisi, diffidenti.
Eppure il 26 maggio per la città di Lecce sarà un giorno importante, fondamentale. Abbiamo provato a mettere insieme i punti di forza e i punti di debolezza di ogni candidato. Proviamoli a snocciolare.
Adriana Poli Bortone
Lecce non è mai stata così bella come con lei
Il sorriso che ancora adesso la accompagna è luminoso e solare come quello dei tempi felici, degli anni in cui prese una città buia e rattoppata e la portò agli onori della ribalta, della cronaca turistica e culturale. Una città che, grazie al contemporaneo lavoro della Provincia guidata da Lorenzo Ria, è diventata una meta da raggiungere nell’immaginario di tanti, tantissimi italiani, europei e cittadini del mondo. Riesce ad entusiasmare i suoi, a dare una visione di futuro, ad inquadrare i problemi prospettando soluzioni che appaiono facili, alla portata di una buona amministrazione, sulla base di un’esperienza maturata su tutti i tavoli istituzionali che vanno da Roma a Bruxelles.
Il rancore personale non le fa vedere cosa c’è oltre il suo perimetro
Se avesse accettato di accordarsi con Erio Congedo, mettendo da parte le valutazioni personali (che pure tanto contano in politica) con Paolo Perrone, reo di averla cacciata dalla giunta e dalla maggioranza di centrodestra nella sua ultima esperienza di governo, adesso i leccesi che votano per quell’area politica sarebbero pronti a festeggiare una vittoria elettorale. Ma lei proprio non ce l’ha fatta. Si è seduta al tavolo, ha provato ad ingoiare qualche rospo, si è tolta più di un sassolino dalla scarpa, ma poi…poi quando è stato il momento di stringersi la mano ha fatto saltare tutto. Non è credibile la versione di un centrodestra che la voleva prendere in giro, assegnandole postazioni di secondo ordine. Da politica navigata, intelligente e brillante quale è, se Adriana Poli Bortone avesse voluto veramente quell’accordo se li sarebbe portati tutti a spasso, sulle sue posizioni. Ma il gusto di non vederli nuovamente a Palazzo Carafa, seduti sugli scranni più alti, è stato più forte di tutto. Le liste a suo supporto al momento sono un incognita, di indecifrabile peso elettorale.
Saverio Congedo
Persona perbene, l’unico in grado di unire il centrodestra
Ha preso un centrodestra ridotto ai minimi termini, spiaggiato sulle primarie che avrebbero dovuto sancire la fine di un’era politica con faide e ripicche interne e lo ha pacificato. Il suo carattere affabile e cordiale da persona buona, quale tutti gli riconoscono di essere, ha attutito tanti isterismi da prima donna ed ha portato la coalizione a potersela giocare fino alla fine (i più ottimisti pensano anche ad una vittoria al primo turno). Congedo ha saputo incassare le batoste nei momenti difficili, quando tutto stava per saltare in aria (accordo fallito con la Poli e Messuti in rampa di lancio verso la lady di ferro) e negli ultimi giorni sta assestando buoni colpi nella composizione delle liste, considerate tutte molto forti. Gioca facile di rimessa snocciolando gli scarsi risultati dell’ultima amministrazione Salvemini e promette la rinascita di una città sembrata ultimamente troppo grigia. Il ticket con Messuti sembra essere un collante decisivo.
È il ventriloquo di Paolo Perrone
Gli ultimi dieci anni di amministrazione di centrodestra pare abbiano lasciato più di qualche strascico, sia nella classe politica leccese sia nella società civile. Hanno dato l’immagine di una città accartocciata su se stessa, non in grado di aprirsi ai bisogni nuovi e ad esigenze diverse quasi che gli amministratori – ed il sindaco in primis – fossero tutti impegnati a conservare le loro posizioni di potere. Per non parlare poi del disimpegno nei confronti di Mauro Giliberti che si era lanciato anima e cuore in una campagna elettorale in cui in tanti, in quella maggioranza che avrebbe dovuto sostenerlo, facevano solo finta di essergli accanto. Non sono stati pochi coloro che hanno detto, talvolta anche in maniera poco urbana, ad Erio Congedo che il suo grado di parentela con Paolo Perrone (e con ciò che rappresentava) era un ostacolo insormontabile all’unità del centrodestra e ad un sostegno alla sua persona libero e coerente.
Mario Fiorella
Persona integerrima che non ama compromessi al ribasso
L’ex magistrato ha un curriculum che parla per lui, fatto di coerenza e di battaglie civili comunque la si pensai sull’esposizione politica di alcune toghe o ex toghe. Il fatto è che a Lecce, anche a Lecce, c’è una Sinistra che non si è rassegnata agli accordi di Carlo Salvemini con un’area considerata avversa. C’è una Sinistra che non ha perdonato al sindaco uscente i patti stretti due anni fa con Pippi Mellone e Andare Oltre. C’è una Sinistra che non gli ha perdonato il cosiddetto patto per la città con Prima Lecce e il senatore, un tempo fittiano doc e adesso leghista, Roberto Marti. C’è una Sinistra che non ha condiviso l’abbraccio di Salvemini a Gigi Mazzei e a Puglia Popolare (errare humanum est, sed perseverare diabolicum). Per non parlare di chi ritiene che la Regione Puglia non stia ben amministrando, soprattutto in materia di Sanità e che la vicinanza con il Governatore Michele Emiliano assomigli più ad un abbraccio mortifero che ad una spinta propulsiva. Poi ci sono questioni personali che riguardano il rapporto insanabile tra Lecce Bene Comune e il candidato sindaco del centrosinistra, rapporti umani sfilacciati che non possono essere ricuciti con un accordo elettorale. Insomma ce n’è abbastanza per costruire un’area politica nuova, sperando di raccogliere il consenso di chi crede che il centrosinistra stia diventando troppo moderato.
Un voto inutile che penalizza solo Carlo Salvemini
Chi si avvantaggerà della candidatura di Mario Fiorella con Sinistra Comune? Semplice, solo Erio Congedo. I numeri sono numeri e salvo uno stravolgimento dell’ultima ora, tutto il consenso che l’ex magistrato e le sue liste possono raccogliere e portare a casa va a danno solo del sindaco uscente perché in teoria si tratta di un bacino elettorale contiguo. Certo, questa è la solita storia, per certi versi stucchevole del ‘voto utile’, una logica che non ha fatto la fortuna della politica italiana. Ma se da un punto di vista governativo i nodi poi vengono sempre al pettine e i danni più grandi sono quelli procurati da coalizioni eterogenee, è anche vero che prima di andare a governare bisogna vincere le elezioni e per vincerle bisogna fare patti elettorali a destra e a manca. Patti anche con il diavolo. Altrimenti il rischio è quello di rimanere duri e puri, ma perdenti. Felici e perdenti. Per carità, poi c’è sempre un probabile ballottaggio in cui giocarsi le carte tenute nascoste al primo giro…
Carlo Salvemini
Non ha avuto tempo per cambiare la città
‘Lecce Libera, Lecce Libera’, cosi la notte tra il 25 e il 26 giugno del 2017 gridavano in una Piazza S. Oronzo gremita i sostenitori di Carlo Salvemini che aveva stracciato al ballottaggio il competitor Mauro Giliberti, dopo vent’anni di amministrazioni di centrodestra. Tante le attese, tante le aspettative, tanta la gioia per aver archiviato (così pensavano e pensano tuttora i suoi supporter) due decenni a guida Adriana Poli Bortone e Paolo Perrone. L’accordo con Alessandro Delli Noci, a distanza di due anni, non si è sfaldato, anzi si è rafforzato. Troppi gli sgambetti che i due hanno subito per giudicarli nel pieno del dispiegamento della loro progettualità. Pagato il dazio per una maggioranza risicata, adesso chiedono carta bianca per governare come dicono e come vogliono e rendere Lecce ‘di tutti’ e non di pochi. I soliti. Il supporto del Governatore Michele Emiliano sembra essere di importante peso specifico elettorale.
15 mesi di amministrazione zoppicante
Si sa, governare è più difficile che fare opposizione. Appena prendi una decisione, ecco che scontenti più cittadini di quanti ti applaudano. Salvemini è stato seduto sullo scranno più alto di Palazzo Carafa per un anno e mezzo ma non è riuscito ad incidere. La sua maggioranza dapprima inesistente a causa dell’anatra zoppa e poi raccogliticcia a seguito del patto con Prima Lecce (la lista ispirata da Roberto Marti) si è incartata sulle politiche della mobilità, sulla vicenda della Lupiae Servizi, sull’impossibilità di smantellare il filobus come promesso in campagna elettorale, sull’aumento delle tasse locali, sulla dichiarazione del predissesto, sull’allestimento degli addobbi in occasione delle festività di Natale, sul pagamento dei passi carrai. L’immagine di Salvemini è uscita ridimensionata.
Arturo Baglivo
Un filo diretto forte con il Governo del Paese
Reddito di cittadinanza, decreto spazza-corrotti, decreto dignità: i Cinquestelle sono al governo del Paese da un anno ed anche se il borsino dei rapporti con gli alleati della Lega non è proprio ai massimi storici è anche vero che il consenso del Movimento non accenna a scendere. Anzi. Almeno a livello nazionale, che pure conta nella scelta di un candidato a sindaco della propria città. Arturo Baglivo è un volto nuovo che ha ben impressionato alla sua uscita. Una persona preparata, capace di raggiungere l’audience di riferimento, portatore sano delle battaglie tradizionali dei Cinquestelle in ordine ad una vivibilità ambientale migliore rispetto ai tassi di smog e inquinamento di cui i leccesi si sentono vittime.
L’azione del partito che lo sostiene è impalpabile sul territorio
I Cinquestelle sono il primo partito italiano. Hanno scalato vette di consenso impensabili fino a qualche anno fa ma non riescono a radicarsi sui territori. Le elezioni amministrative sono sempre una delusione, non solo per chi ci mette la faccia e si candida a rappresentare il Movimento ma anche per quegli elettori duri e puri – e sono tanti – che proprio non si capacitano dell’inefficacia organizzativa e restano sempre più amareggiati. Anche a Lecce il M5S non lascia traccia, forse perché il suo referente cittadino Maurizio Buccarella si è trovato invischiato nella nota faccenda dei mancati rimborsi al partito o forse perché le diatribe interne non si sono mai sopite. La forza dei nomi in lista è un punto interrogativo.
