Dall'1 gennaio prossimo sarà la ditta tedesca Dussman a far proprio l'appalto. Oggi, a Bari, previsto l'incontro che dovrebbe sancirne l'accordo e assicurare le trentacinque ore a pari stipendio per almeno due mesi. Ma una volta trascorso il 28 febbraio dovrà organizzarsi un altro tavolo col Ministero.
Cuore e corpo sono a Lecce, a ridosso della Prefettura di via XXV Luglio, ma la mente è rivolta a Bari. I dipendenti ex Lsu attendono con ansia l’esito dell’incontro in programma oggi presso la Regione Puglia, dove dovrebbe sancirsi l’accordo che garantisce altri due mesi di lavoro a pari stipendio. Trentacinque ore assicurate per circa ottocento euro mensili fino al 28 febbraio 2014 grazie all’appaltante ditta tedesca Dussman; dopodiché, tutto è affidato al Governo nazionale che, mediante un prossimo, eventuale tavolo interistituzionale, dovrà intercettare quelle risorse necessarie ad evitare il dimezzamento del salario o, peggio ancora, l’ipotesi di licenziamento. La paura dei partecipanti al presidio odierno, dunque, è legata al futuro. Per questo, anche dopo Natale, la pressione ai piani alti – atta ad evitare che qualcuno dimentichi la voce di queste persone – continua imperterrita. E a patto dell’ottenimento di una definitiva soluzione, difficilmente si attenuerà.
In sostanza, verranno impiegati più di 34 milioni di euro per garantire la proroga del dimezzamento degli stipendi (mantenendo altresì inalterate le attuali entità salariali). Sulla questione intervenne anche la deputata parlamentare salentina On.le Teresa Bellanova, grazie ad un emendamento divenuto oggetto di un tavolo presso la Presidenza del Consiglio. Fu lo stesso Ministro dell’Istruzione, Marco Filisetti, a confermare che dall’1 gennaio prossimo sarebbe stata la ditta Dussman a far proprio l’appalto, mantenendo altresì viva la gara della Consip (società per azioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze), con anche il conseguente taglio del capitolato di spesa intorno al 60%.
“La nostra paura più grande è legata soprattutto al taglio degli stipendi da 800 a meno di 400 euro – raccontano alcuni operatori presenti al sit-in – anche perché molti di noi partono da diversi paesi del Salento per venire qui a Lecce e lavorare. Con quei pochi soldi si coprono a malapena le spese di benzina. Nella provincia siamo in tutto ottocento famiglie col fiato sospeso. La nostra presenza qui ha un senso. Vogliamo pressare gli organi competenti al fine di far ricordare loro che gli impegni assunti vanno rispettati. Ma soprattutto gradiremmo, una volta terminati questi due mesi, che venga presa una decisione definitiva”.
