Una delle principali ragioni per cui dicono che si dovrebbe votare a favore della riforma costituzionale è che rafforzerebbe la democrazia diretta. Invece di rispondere a questo slogan con un altro slogan, proviamo a confrontarci con il testo.
I punti da toccare sono quattro: proposte di legge di iniziativa popolare; referendum abrogativi; «referendum propositivi e d’indirizzo»; «altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali».
Per le proposte di legge di iniziativa popolare il numero delle firme richieste passerebbe da 50.000 a 150.000, cioè si triplicherebbe o, se si preferisce, aumenterebbe del 200%. Modo curioso di favorire la democrazia diretta, soprattutto perché dal 1947 (anno di approvazione della Costituzione) a oggi la popolazione italiana è aumentata di circa il 25%, per cui non si capisce in base a quale ragionevole calcolo si triplichino le firme necessarie.
Ma, si replica, la riforma garantirebbeche queste proposte siano discusse e deliberate. Sì, lo garantirebbe, ma «nei tempi, nelle forme e nei limiti stabiliti dai regolamenti parlamentari». E quali sarebbero questi tempi e, soprattutto, questi limiti? E se, ammesso che si riuscisse a raccogliere le 150.000 firme, i regolamenti venissero modificati in modo da non garantire quasi nulla? E se i regolamenti permettessero al Parlamento di stravolgere o persino di rovesciare il senso delle proposte popolari? Di certo c’è solo che il numero delle firme da raccogliere diventerebbe il triplo.
Per i referendum abrogativi, se richiesti, come finora, da 500.000 elettori o da cinque Consigli regionali, resterebbe il quorum della maggioranza degli aventi diritto. Quel quorum che spesso manca, come al recente referendum sulle trivellazioni. La novità sarebbe che, in caso di richiesta referendaria da parte di 800.000 elettori, il quorum si abbasserebbe: sarebbe sufficiente la partecipazione della maggioranza dei votanti alle ultime elezioni della Camera. Altro modo curioso di favorire la democrazia diretta: se spesso non si riesce a raccogliere 500.000 firme valide, quante volte capiterà che si riesca a raccoglierne 800.000? Il lettore può scegliere tra le seguenti opzioni: mai/quasi mai.
Se l’intento fosse stato davvero di favorire la democrazia diretta, sarebbe stato molto più efficace, e anche più semplice, cancellare il quorum (che già non esiste per il referendum costituzionale). In questo modo sarebbe stata incentivata fortemente la partecipazione, perché un conto è sapere che, restando a casa,si può invalidare il referendum, un conto è sapere che chi resta a casa non conta nulla, nel senso che decide chi va a votare, anche se pochi vanno a votare.
La riforma introdurrebbe i referendum propositivi e d’indirizzo, dei quali, però, non dice nulla, neanche se si tratti di due tipi di referendum o, come pare probabile, di uno solo. Dice solo che per disciplinarli servirebbero una legge costituzionale e una legge ordinaria.
Sarebbero utilizzabili? Difficile dirlo, visto che non sappiamo quante firme sarebbero richieste per utilizzarli.
Sarebbero utili? Dipenderebbe dalla classe politica. In quanto propositivi e d’indirizzo, sarebbero non vincolanti, ossia soggetti a interpretazione, valutazione, adesione da parte di Parlamenti e Governi. E sappiamo bene che la nostra classe politica si è spesso distinta per la fantasia con cui ha aggirato i risultati dei referendum abrogativi, che cancellano leggi o parti di leggi. Figuriamoci quale affidamento possiamo fare sulla probabilità che Parlamenti e Governi tengano fede agli esiti di referendum non vincolanti.
Fra le quattro novità in materia di democrazia diretta questa sarebbe l’unica significativa, ma pare troppo rischiosa per la classe politica perché si possa pensare che la si renderebbe seriamente operativa (a qualcuno potrebbe venire in mente di chiedere se vogliamo conservare l’euro o restare nell’Unione europea).
Infine, la riforma introdurrebbe altre forme di consultazione, anche delle formazioni sociali. Che confusione: si abolisce il Consiglio Nazionale dell’Economia e del Lavoro, che dovrebbe svolgere permanentementela funzione rappresentativa delle formazioni professionali e sociali, e si affida la stessa funzione a un’estemporanea, episodica, intermittente macchina «consultiva». Non solo le consultazioni sarebbero di certo temporalmente irregolari, ma si correrebbe il rischio di spendere più di quanto si spende oggi per il CNEL.
Ci vorrebbe ben altro per convincere a votare a favore di una riforma che contiene previsioni pericolose: Senato nord-centrico e in particolare lombardo-centrico, leggi a data certa che rafforzano il Governo nei confronti del Parlamento, clausola di supremazia statale che scippa alle Regioni il potere di legiferare nelle materie che sarebbero di loro legislazione esclusiva…
di Enrico Mauro
