La proposta di riordino istituzionale e territoriale del neo-regionalismo del Paese è stata presentata da un Gruppo di parlamentari del Partito Democratico, primo firmatario il salentino Salvatore Capone. Si tratta di una ipotesi che ha come riferimento, tra gli altri, il lavoro e la riflessione prodotti sul tema dalla Società Geografica Italiana e ha come fine una nuova organizzazione/armonizzazione delle funzioni e della governante verticale/orizzontale e un nuovo equilibrio tra Stato centrale, Regioni – Città Metropolitane, Unioni Territoriali. Per non mortificare, anzi esaltare, autonomie e differenze, e dove troverebbero soluzione anche i problemi delle attuali Province e del loro personale.
“I recenti tentativi riformatori dello Stato hanno preso le mosse da una visione parziale della situazione nella quale la società è costretta ad operare. In Italia manca tuttora un disegno complessivo cui ricondurre una coerente progettualità territoriale e amministrativa, con alcune evidentissime contraddizioni e discrasie. Una per tutte, già evidenziata da Giuliano Amato, legata al problema della spesa regionale e dei relativi sprechi che spesso divengono dei veri e propri casi mediatici oltre che oggetto continuo delle attenzioni della Corte dei Conti, attribuibili però non tanto al numero delle Regioni quanto al principio della cosiddetta autodichìa, ovvero la facoltà di giustificare le proprie spese senza rendere conto ad altri che a se stessi”, così Salvatore Capone, fin dalle prime battute nella relazione d’accompagnamento della Pdl.
Un modo per entrare sin da subito nel vivo di una materia resa ancor più magmatica dal riordino delle Province. Scrive infatti ancora il primo firmatario che per la redazione del Disegno di Legge si è avvalso della collaborazione e dell’esperienza di Luigino Sergio, già Sindaco, Direttore Generale di numerosi enti territoriali, Presidente di una Unione dei Comuni, esperto di organizzazione e gestione degli enti locali, autore di numerosi saggi sull’organizzazione e gestione amministrativa degli enti locali ed estensore di altre proposte di legge: “L’attuale tentativo di riordinare le Province, svuotarle di competenze ed espungerle dall’ordinamento costituzionale; gli sforzi profusi nei confronti dei Comuni, soprattutto quelli fino a 5mila abitanti, per permettere la gestione delle loro funzioni fondamentali in forma associata, evidenziano da un lato il fenomeno riformatore e dall’altro mostrano come l’esclusione della rivisitazione riformatrice delle Regioni abbia determinato un’azione monca del legislatore, lontana dall’approccio olistico, globale”.
“Essendo il partito di maggioranza relativa in Parlamento, per me è un traguardo importantissimo, che apre le porte ad altri successi frutto di un impegno di anni per la nostra terra, il Salento, e per tutta l’Italia”. Lo dichiara Paolo Pagliaro presidente della Regione Salento e da sempre primo sostenitore della causa. “Dopo anni di indifferenza della politica –aggiunge- oggi si apre una fase nuova, fatta di consapevolezza della serietà di uno studio e della felice intuizione sottesa. L’Italia delle 31 Regioni, senza Province, senza enti inutili intermedi, con l’accorpamento dei piccoli Comuni. E ancora: nuovo regionalismo, stavolta autentico, rivisitando l’art. 117 della Costituzione come mai fino ad ora, dopo innumerevoli tentativi di riforma andati male, o semplicemente peggiori di quanto si voleva modificare. Invece, dal Salento possiamo dire che sia partita la risposta più efficace per offrire al Paese un nuovo modo di interpretare lo Stato, dove l’unicità dell’autonomia delle Regioni rappresenta la forma più autentica di unificazione del territorio. La riforma del Titolo V è nell’agenda politica da tanto tempo, senza che nessuno sia riuscito a trovare la formula più compiuta”.
