Un voto segreto per l’elezione dei componenti della giuria popolare si è trasformato in un momento offensivo, quasi inqualificabile, che ha infangato l’aula Delfino e l’immagine di una donna che fa parte del consiglio comunale di Bari, tra i banchi dell’opposizione. Quando il consigliere Michele Caradonna, incaricato dello spoglio, ha preso in mano la scheda ha fatto fatica a leggere l’insulto, scritto nero su bianco, rivolto a Irma Melini. Il presidente dell’aula Pasquale Di Rella, non senza imbarazzo, ha dichiarato «scheda nulla», ma la consigliera – a quel punto – ha preteso che venisse letto ad alta volte l’appellativo che le era stato rivolto. Davanti a quel brutto “Irma la tr***” la Melini, eletta fra le fila del centrodestra, ha abbandonato l’aula in segno di protesta, seguita da tutte le consigliere baresi. I lavori del Consiglio sono stati sospesi per alcuni minuti, mentre si cerca di capire l’identità del “collega” che si è nascosto dietro l’anonimato per colpirla.
«Sono qui ad esprimere la mia solidarietà alla consigliera Melini non in quanto uomo, ma in quanto rappresentante delle istituzioni — ha scritto il primo cittadino, Antonio Decaro in una nota — chi ha scritto quella parola offensiva, sessista e stupida su quella scheda, ha sporcato l’aula consiliare stessa, ha svilito l’istituzione che rappresentiamo, a questo punto mi viene da dire, indegnamente. Mi auguro che la consigliera Melini vorrà accettare le scuse dell’intero Consiglio comunale».
«Quando il Presidente Di Rella ha letto quelle terribili parole io ho pensato solo: perché? Perché così cattivo, perché sei seduto davanti a me e ti sei nascosto dietro un voto segreto? Perché ti siedi ancora a rappresentare i baresi dopo aver dimostrato di essere indegno? Sono stata sopraffatta da un pianto fragoroso e non liberatorio. Sarà liberatorio quando saprò chi è e mi sarò battuta per mandarlo via dal Consiglio comunale. Vergogna». ha commentato la stessa Irma Melini che alle 16.00, in sala Giunta a palazzo di Città, terrà una conferenza stampa di condanna.
La solidarietà
«L’episodio che ha interessato la consigliera comunale di Bari Irma Melini non ha pari per tasso di volgarità e di vigliaccheria. Solo un minus habens abbondantemente dotato di frustrazione ed invidia, incapace di ritagliarsi spazi di visibilità politica per merito, può avere immaginato di rifugiarsi nella vigliaccheria dell’anonimato per offendere una consigliera comunale capace, coraggiosa, autonoma di pensiero ed azione che per le sue indubbia capacità politiche riesce sempre ad avere la visibilità che merita. Dare ad Irma la solidarietà è cosa assolutamente ovvia, condannare la violenza del pessimo soggetto che l’ha esercitata è un dovere civico. Di consiglieri comunali di siffatta pasta l’Italia e la città di Bari non hanno certamente bisogno. Una volta individuato l’autore va cacciato senza se e senza ma da una istituzione che non può continuare a subire il degrado della mancanza seria di selezione del personale politico. Bari non può riconoscersi in rappresentanti del genere» ha affermato l’ex ministro Adriana Poli Bortone.
« Chi ha offeso Irma abbia il coraggio di chiedere scusa in pubblico e di dimettersi. Da Lecce invio alla collega un fiore. Voltiamo questa brutta pagina», fa eco Mauro Giliberti
Fa eco la vicinanza di Filomena D’Antini – Responsabile Regionale Dipartimento Diritti Umani FI Puglia «Esprimo ferma condanna per le offese subite dalla Consigliera del Comune di Bari, Irma Melini nel corso dello svolgimento della sua attività istituzionale. Si è verificato un episodio di una gravità tale che segna una macchia di inciviltà su chi rappresenta il comune capoluogo della Puglia. Ancora una volta una donna politica è stata vittima di offese e insulti. Mi chiedo cosa deve accadere ancora ai danni della consigliera Melini e se c’è nei suoi confronti, da parte di qualcuno, tanto odio manifestato, altresì, con molto livore. Mi auguro che l’autore di tale gesto possa essere individuato dalle autorità giudiziarie per restituire serenità a Irma Melini e liberare Bari e la politica barese dal velo di vergogna che oggi è stato gettato».
