Sono passati 70 anni da quel fatidico 10 Marzo 1946 che cambiò (o meglio: avrebbe dovuto cambiare!) la “vita sociale e politica” delle donne, riconoscendo anche a noi il diritto a votare e, dunque, a partecipare attivamente alla vita Politica del Paese. Qualche passo è stato fatto, molti sono ancora da fare.
Oggi, dal “Voto alle Donne”, si passa al “se devo scegliere scelgo donna!”.
La presenza di donne nelle assemblee elettive in Italia è ancora molto bassa, perché essere elette significa prendere voti, ossia vedere scritto il proprio nome sulla scheda elettorale in quella forma chiamata preferenza. Purtroppo gli italiani e le italiane fanno ancora molta fatica a scrivere la preferenza ed, essendo la politica ancora terreno prettamente maschile, le preferenze vanno maggiormente agli uomini.
Le ragioni, va detto, sono molteplici: la natura femminile non incline a rischiare, la totale mancanza da parte dei partiti di investimenti sulle candidature al femminile, la mancanza di risorse economiche da parte delle donne per potersi sponsorizzare. Per questo, dopo lunghe battaglie, iniziate nei tribunali, le donne hanno ottenuto la Legge 215, ossia la cosiddetta doppia preferenza di genere.
Già usata in Campania nelle regionali del 2010, la doppia preferenza di genere, dà la possibilità di scegliere e scrivere sulla scheda elettorale due nomi di candidati consiglieri ai comuni: un nome di donna e un nome di uomo. Già applicata per la prima volta su scala nazionale alle amministrative del 2013 nei comuni sopra i 5000 abitanti, seppur poco pubblicizzata, ha portato ad un aumento della presenza femminile nei consigli comunali del 38%.
La legge 215/2012 è un complesso di norme che prevede la presenza nelle liste di un minimo dei 2/3 del genere meno rappresentato e ha, inoltre, obbligato al cambio di Statuto tutti gli 8000 comuni italiani, chiamati ad inserire la norma sulla necessità di “garantire” – non solo promuovere – la presenza di genere. Sì, perché il termine “promuovere” si prestava a varie interpretazioni.
Tutto ciò viene chiamato “Quote Rosa” e ha dato adito a molteplici critiche, ma è, invece, una forma di stimolo per portare le donne a farsi parte attiva dell’amministrazione territoriale italiana, cercando di rimuovere il maschilismo politico che non cede il passo in presenza di normative precise, figurarsi senza.
Ritengo queste misure cogenti e speriamo transitorie in attesa di farle decadere nel momento in cui la nostra democrazia incompiuta sarà diventata compiuta e sostanziale, cioè paritaria.
Molto spesso diritti riconosciuti formalmente non trovano poi traduzione concreta e sostanziale, rimanendo ingabbiati in una sorta di “iperuranio” di platonica memoria, che intrappola noi donne in labirinti di astrazioni vuote e inutili, all’interno dei quali risulta anche difficile destreggiarsi.
I motivi che ancora oggi inducono gli uomini a non pubblicizzare la doppia preferenza sono facilmente comprensibili: ogni voto per una donna è un voto in meno per un uomo e quindi una poltrona che si allontana.
Obiettivi? Uno solo: ogni donna in più eletta nei consigli comunali, è una grande vittoria e la conferma che le donne votano donna. Soltanto coalizzandoci possiamo occupare stabilmente quel territorio, da sempre in prevalenza maschile, che è la politica, perché non sono le donne che hanno bisogno della politica, ma la politica e le istituzioni che hanno bisogno delle donne, della nostra trasparenza, della nostra incorruttibilità, della nostra concretezza, della nostra capacità di sintesi e genialità, soprattutto in questo momento di sfiducia e disamore per politica ed istituzioni, il fattore D può e deve essere una grande opportunità di crescita e progresso!
“Se vuoi che una cosa sia detta dillo ad un uomo, se vuoi che una cosa sia fatta, dillo ad una donna”. Una frase celebre e di grande significato pronunciata da chi? Proprio da lei, Margareth Thatcher.
La mia filosofia è quella di ritrovare quella sorellanza che negli anni delle grandi lotte di liberazione per i diritti delle donne, portarono all’acquisire quelle libertà, ormai innegabili. Occorre fare sì che le donne superino l’atavico e genetico senso di diffidenza verso le altre donne, perchè votare donna è meglio! Votate il partito e il sindaco che volete, ma scegliete un nome di donna e scrivetelo sulla prima riga: nella conta delle preferenze conta anche la posizione.
di Filomena D'Antini Solero
