Sull’equilibrio di genere la Puglia è fanalino di coda tra le regioni d’Italia. Solo il 10% del consiglio regionale è donna. A farlo sapere è Filomena D’Antini, responsabile per le pari opportunità di Forza Italia in Puglia. “Una percentuale, se pure ancora bassa, al di sotto della media nazionale pari al 18%”, scrive in una nota.
Le modifiche normative
Dopo la modifica costituzionale degli articoli 122 e 123, che ha dato avvio al processo di elaborazione di nuovi statuti regionali e di leggi per l’elezione dei consigli nelle regioni a statuto ordinario, molte regioni hanno già adottato norme in materia elettorale introducendo disposizioni specifiche per favorire la parità di accesso alle cariche elettive.
Le misure sono diverse e sono prevalentemente incentrate sulle cosiddette ‘quote di lista’, ossia sull’obbligo di inserire nelle liste di candidati una quota minima di candidati del genere meno rappresentato, quello femminile. Per rafforzare le garanzie di parità nella rappresentanza regionale, il Parlamento ha approvato la legge 15 febbraio 2016, n. 20, che introduce, tra i principi fondamentali in base ai quali le Regioni sono tenute a disciplinare con legge il sistema elettorale regionale, l’adozione di specifiche misure per la promozione delle pari opportunità tra donne e uomini nell’accesso alle cariche elettive.
“A tal fine – ricorda Filomena D’Antini – è stata modificata la legge n. 165/2004, che in attuazione dell’articolo 122, primo comma, della Costituzione, reca per l’appunto i principi fondamentali concernenti il sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della giunta regionale, nonché dei consiglieri regionali“. Con le modifiche introdotte, la legge nazionale non si è limitata a prevedere tra i principi, come stabilito finora, la ‘promozione della parità tra uomini e donne nell’accesso alle cariche elettive attraverso la predisposizione di misure che permettano di incentivare l’accesso del genere sottorappresentato alle cariche elettive’, ma “ha indicato anche specifiche misure adottabili, declinandole sulla base dei diversi sistemi elettorali per la scelta della rappresentanza dei consigli regionali”.
Le tre ipotesi
Al riguardo, la legge prevede tre ipotesi:
- Liste con preferenze: qualora la legge elettorale regionale preveda l’espressione di preferenze, sono previsti due meccanismi per promuovere la rappresentanza di genere: quota di lista del 40 per cento (in ciascuna lista i candidati di uno stesso sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale); preferenza di genere (deve essere assicurata l’espressione di almeno due preferenze, di cui una riservata a un candidato di sesso diverso. In caso contrario, le preferenze successive alla prima sono annullate).
- Liste ‘bloccate’: nel caso in cui la legge elettorale regionale preveda le liste senza espressione di preferenze, deve essere prevista l’alternanza tra candidati di sesso diverso, in modo tale che i candidati di un sesso non eccedano il 60 per cento del totale.
- Collegi uninominali: nel caso in cui il sistema elettorale regionale preveda collegi uninominali, nell’ambito delle candidature presentate con il medesimo simbolo i candidati di un sesso non devono eccedere il 60 per cento del totale. In Puglia? Nei fatti, la legge regionale non prevede il rispetto dell’equilibrio di genere atteso che su 50 membri del consiglio solo 5 sono Donne.
“Lontani dall’equilibrio di genere”
“Tale dato è ben lontano dall’equilibrio di genere voluto dalla legge 15 febbraio 2016, n. 20. È dal 2012 – continua Filomena D’Antini – che aspettiamo il cambiamento nella nostra regione, quando si attendeva la prima legge nel nostro Paese che stabilisse la composizione al 50% tra uomini e donne nelle liste elettorali, proposta nata per iniziativa popolare. Il Consiglio regionale la bocciò, nonostante il sostegno di facciata di tutte le forze politiche. Un vero schiaffo in faccia ai diritti non soltanto delle donne, ma anche dei 30mila cittadini che avevano firmato per portare la legge in Consiglio”.
La proposta di legge mirava a modificare la legge regionale n. 2/2005, la legge elettorale, in due punti: a partire dalla consultazione successiva tutte le liste avrebbero dovuto essere composte in egual misura da uomini e donne; inoltre, gli elettori avrebbero avuto la possibilità di esprimere una doppia preferenza, una per genere.
“Nulla di fatto. Si continua a perseverare in un silenzio assordante tipico di quella classe politica che teme che la presenza di più donne in regione possa togliere il posto agli uomini. Occorre un’inversione di tendenza – conclude Filomena D’Antini – per riconoscere alle donne pugliesi pari dignità anche in politica, non a parole, ma con i fatti. La Regione Puglia, insiste la responsabile per le pari opportunità di FI in puglia, si adegui alle previsioni legislative nazionali”.