Pussy Riot, continua la guerra a Putin. Amnistia o gesto imperiale?

Dopo poche ore dal rilascio, le due componenti del gruppo punk femminista ‘Pussy Riot’ hanno usato parole di fuoco contro il presidente russo Vladimir Putin.

La Duma ha approvato la scarcerazione delle due donne che dall'agosto 2012 stavano scontando due anni di prigione per una preghiera blasfema nella cattedrale di Mosca. Maria Alyokhina: “Trovata pubblicitaria di Putin”.

Non si può davvero dire che la prigionia le abbia private del loro spirito combattivo. A poche ore dal rilascio le due componenti del gruppo punk femminista “Pussy Riot” usano parole di fuoco contro il presidente russo Vladimir Putin.

“Altro che gesto di umanità, – ha detto Maria Alekhina al suo arrivo a Mosca-, questa amnistia è stata solo un’operazione di immagine”.

Per il futuro la venticinquenne ha affermato di volersi impegnare in attività per la difesa dei diritti umani e comunque orientate al sociale: “Saranno vivaci e coraggiose come quando eravamo con le Pussy Riot”, ha promesso.

Ancora più dura Nadezhda Tolokonnikova: dopo la scarcerazione dall’ospedale penitenziario di Krasnoïarsk la ventiquattrenne ha chiesto il boicottaggio delle olimpiadi invernali di Sochi.

Unica ragione, a suo dire, di un’amnistia che ha toccato solo chi aveva ancora pochi mesi da scontare: “Questa è stata una mossa cinica. Putin ha incolpato noi di aver messo in atto proteste mirate, ma, in realtà, quello che ha fatto oggi è molto più calcolato: rilasciare chi non ne aveva bisogno”, ha detto.

“Io avrei potuto tranquillamente rimanere dov’ero in questi due mesi rimanenti. Nello stesso tempo, Putin si è rifiutato di rilasciare coloro che ne hanno davvero bisogno. Una mossa disgustosa e cinica”, ha concluso.

Le due artiste, che erano state condannate a due anni di carcere dopo aver cantato una preghiera punk anti-Putin nella cattedrale di Cristo il Salvatore a Mosca, avrebbero dovuto uscire dal carcere a marzo prossimo. La Duma di Stato ha approvato all’unanimità il 18 dicembre il testo dell’amnistia, dedicata al 20° anniversario della Costituzione della Federazione Russa. Nessun segno di pentimento da parte delle due giovani, quindi, per il gesto del marzo 2012 nella Cattedrale del Cristo Salvatore di Mosca.

Il gesto era costato loro una condanna a due anni per “teppismo motivato da odio religioso”, trasformandole, come nel caso dell’ex magnate Mikhail Khodorkovski (anche lui graziato da poco), in un simbolo della repressione del dissenso.



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