Ufficio Tributi, prima venduto e poi preso in affitto. Rotundo:’Sconcertante’

La Commissione Controllo nei prossimi giorni approfondirà tutti gli aspetti relativi alla vicenda dell’Ufficio Tributi, il cui immobile è stato prima venduto e poi preso in affitto. Rotundo:’Caso sconcertante di spreco del denaro pubblico’.

Nei prossimi giorni la commissione controllo approfondirà tutti gli aspetti relativi all’ingarbugliata vicenda dell'Ufficio Tributi – situato in via Palumbo – prima venduto e poi preso in affitto per 26 mesi a 384mila euro. Mentre, contemporaneamente, almeno per dieci mesi il Comune pagava anche l'affitto per  l'immobile di piazza Partigiani. “Si tratta davvero di un caso sconcertante di spreco del denaro pubblico che evidenzia una gestione molto discutibile della cosa pubblica”, dichiara Antonio Rotundo, consigliere comunale PD a Palazzo Carafa nonché presidente della medesima Commissione. il punto è verificare se nella situazione sopra richiamata si configuri pure un danno erariale per il Comune, causato dalla condotta tenuta “che non mi pare proprio da buon padre di famiglia”, aggiunge.

“Quale buon padre di famiglia vende la propria casa per andare in affitto e poi paga addirittura due canoni per lo stesso periodo?”, si domanda.  Ma la vicenda dell'ufficio tributi parte già male dall'inizio. Quell'immobile non doveva essere inserito nel piano delle alienazioni, rivela sempre l’esponente politico di centrosinistra, perché come recita chiaramente l'art. 58 del decreto legge 112/2008 si "possono vendere i beni immobili non strumentali all'esercizio delle proprie funzioni istituzionali".

“E sfido chiunque a dimostrare – prosegue – che l'ufficio tributi non rientri nelle funzioni istituzionali del Comune e che quindi poteva essere venduto”.

Insomma, secondo Rotundo si sarebbe data una interpretazione a dir poco disinvolta della norma. “Non solo – conclude – la maggioranza ha anche respinto la nostra proposta che sui beni immobili inseriti nel piano delle alienazioni fosse un ente terzo ed imparziale, quale l'ex Ute, a pronunciarsi sulla congruità del loro valore, convinti che quando si tratta di beni pubblici occorre assicurare il massimo di trasparenza”.



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