
La segreteria Nazionale del SAPPE (sindacato autonomo Polizia Penitenziaria maggior sindacato di categoria), si vede costretta a constatare che quanto accaduto nello scors o mese di Novembre – quando un detenuto riuscì a scappare dall’ospedale “FAZZI” di Lecce, seminando terrore tra le persone presenti – “non sarebbe servito a responsabilizzare adeguatamente i vertici dell’ASL di Lecce”. I quali, a detta del Segretario, Federico Pilagatti, starebbero continuando a comportarsi in marinera “superficiale nonostante la delicatezza della situazione”. Infatti – spiega Pilagatti in una nota rivolta al Prefetto di Lecce, dott. Claudio Palomba, pervenutaci in redazione – dopo lo sblocco dei fondi per l’acquisto di apparecchiature diagnostiche avvenuto dopo tanto tempo “grazie anche al suo Autorevole intervento, a tutt’oggi tali presidi non sarebbero ancora stati messi in funzione a causa di inadempienze tecniche da parte dell’ASL di Lecce”.
Pare infatti che da tempo la Direzione del carcere Leccese stia chiedendo all’ASL di Lecce l’invio di tecnici per mettere a norma di legge tutti quegli impianti che dovrebbero consentire il corretto funzionamento delle apparecchiature acquistate e poi installate. Tale urgenza è anche determinata dal fatto che dopo i gravi fatti di Novembre 2015 – in cui le visite di detenuti all’esterno per visite specialistiche e ricoveri urgenti si ridussero drasticamente con circa 80 uscite nel mese di Dicembre – il trend è di nuovo aumentato in maniera preoccupante. Parliamo di quasi 127 accompagnamenti nel mese di Febbraio e addirittura 180 a marzo tra visite e ricoveri.
“Tali numeri non consentono più di predisporre scorte adeguate per l’accompagnamento di detenuti presso le strutture sanitarie esterne – scrive il segretario – considerata la grave carenza di poliziotti penitenziari in servizio presso il penitenziario di Lecce che allo stato attuale, sarebbe di circa 200 unità, nonché sottoporre il personale in servizio a turni di lavoro massacranti. Senza dimenticare che per far fronte a tali emergenze, in più occasioni vengono impiegati poliziotti penitenziari che lavorano all’interno delle sezioni detentive".
“Ci sembra inaccettabile – conclude Pilagatti – che in presenza di condizioni che potrebbero far diminuire le uscite dal carcere, non si agisca con la dovuta rapidità”.