Chef Pedro Lambertini, dall’Argentina al Salento. Viaggio emozionale tra i vicoli del gusto

Un viaggio alla scoperta delle tradizioni enogastronomiche e di nuove proposte culinarie. Il tour italiano di Chef Pedro Lambertini fa tappa nel Salento

Percorrere il Salento alla scoperta di nuovi aromi e nuovi profumi. Ma soprattutto di nuovi piatti.

Nella tappa di Caprarica di Lecce, presso Masseria Stali, in un evento organizzato da Apulia Promotion di Luigi Anfosso, abbiamo incontrato lo Chef Pedro Lambertini, cuoco di professione e curioso per natura, autore di format televisivi, scrittore e ristoratore.

Lo si può scambiare per un attore di serie Tv ma Pedro Lambertini, sebbene abituato alle telecamere, è un ragazzo semplice e concreto. A spingerlo in giro per il mondo è, più di ogni altra cosa, la sua voglia di scoprire tradizioni e culture enogastronomiche di altri paesi.

Pedro, nato a Córdoba, in Argentina, fin da giovane ha viaggiato attraverso l’Europa collegando cibo e culture diverse. Ma ha girato tanto anche la sua provincia natale, Córdoba, alla ricerca di prodotti spontanei per scoprire le storie che ognuno di essi nasconde e preparare nuove ricette naturali.

Viaggi emozionali, i suoi. Come quello che lo ha portato in Italia, patria dei suoi nonni. Sì, perché nelle vene di Pedro scorre sangue piemontese. E ci piace pensare, che anche per questo, da buon italiano, la sua passione sia la cucina.

Ci inorgoglisce anche aver saputo che all’estero, se si parla di Italia, il pensiero degli stranieri va alla nostra regione, va alla Puglia.

La nostra intervista

Pedro, cosa ti ha colpito di più, finora, di questo tuo viaggio in Italia?

Intanto, voglio precisare che sono solo a metà del mio viaggio in questa magnifica terra. Dopo la prima e doverosa tappa nella Capitale Europea della Cultura, Matera, e poi ho visitato alcuni centri della provincia di Lecce ed in particolare Nardò, Galatina, Otranto e Martano.

Ciò che mi ha colpito di più è il fatto che in un territorio relativamente piccolo ci siano luoghi e realtà così diverse tra di loro. Ma, aggiungo che è anche sorprendente come le specificità di un’area come quella provinciale finiscano per essere preminenti rispetto alle caratteristiche nazionali.

Mi ha colpito un episodio che mi piace ricordare con voi. L’altra sera ero a cena in un ristorante e ho chiesto se il vino che ci veniva servito fosse locale. La cameriera mi ha risposto di no, che non era “locale”. Quel vino arrivava in realtà da un posto che distava 40 km. A me questa cosa ha fatto sorridere molto. Per noi, in Argentina, un prodotto che troviamo a distanza di due ore di aereo è comunque “locale”.

Tu sei uno chef molto noto, cos’è secondo te la cucina, più creatività o più tecnica?

Dunque, nella lingua spagnola esiste un modo di dire che è “tener mano” avere la mano. Io mi sono sempre chiesto, per esempio, cosa intendevano i miei parenti quando dicevano che “mia nonna aveva la mano in cucina”. Ecco, io credo che questa “abilità” sia un bilanciamento tra intuizione e criterio. Uno chef mentre calibra gli elementi della sua cucina si baserà su queste attitudini ma per non fallire deve possedere anche due cose: il talento e l’esperienza. La vocazione in questo lavoro è fondamentale ma io credo fermamente che per fare il cuoco occorre tanta esperienza e tanta gavetta.

La creatività da sola, senza tecnica, non porta a nulla. La tecnica da sola, senza creatività, non darà mai un piatto che sappia emozionare. Io do tantissima importanza al lavoro, all’esperienza che sono fondamentali per dare risultati interessanti. Per dirla con un linguaggio calcistico, Leo Messi che è un vero talento del calcio, non sarebbe un fuoriclasse se giocasse una sola partita all’anno.

Quindi il mio consiglio ai giovani è di impegnarsi costantemente per dare forma alla passione. Ne approfitto per ringraziare Masseria Stali e lo chef Giancarlo Mele che hanno realizzato per me, oggi, uno straordinario percorso, reinterprentando in chiave innovativa ma molto coerente, i piatti della tradizione salentina .

Pedro, la cucina argentina e la tua cucina hanno conservato traccia dei nostri emigranti italiani sbarcati tanti anni fa in Sud-America in cerca di fortuna?

Certamente sì. L’Argentina è forse il paese più italiano al mondo. Lo slang come anche alcune abitudini hanno radici italiane. Per quanto riguarda la cucina, vi sono piatti che hanno un DNA italiano e le cui radici sono facilmente intuibili. Gli argentini hanno, infatti, nei loro menù la pasta, la pizza e il gelato. Tutti prodotti che riconducono all’Italia. Certo, questi piatti hanno una radice italiana ma non hanno nulla a che fare con pasta e pizza italiani.

C’è da dire che noi in questo momento stiamo lavorando molto per dare un’identità alla cucina argentina. Ma è difficile perché abbiamo una mescolanza tale di provenienze diverse, europee ed extra-europee da rendere tutto molto difficile. Inoltre sentiamo la eco dei nostri vicini sud-americani e quindi costruire questa identità, che poi ruoterà intorno alla carne per la quale siamo famosissimi, sembra essere un percorso complesso e articolato.

Tra qualche giorno rifarai le valigie e tornerai nella tua Argentina. Cosa ti porterai via con te dalla Puglia?

Intanto porterò via due bottiglie di buon olio che ho potuto degustare qui a Masseria Stali. E poi porterò nel mio cuore i colori, la luce, i profumi. Mi ha colpito molto la gente di qui; l’attaccamento e l’orgoglio di appartenere a questa terra sono sentimenti che ho letto negli occhi di tutte le persone che ho incontrato in questi giorni, qui nel Salento. Saranno sguardi, sorrisi e abbracci che porterò via con me.

Si conclude così quest’esperienza che ha visto amicizia tra i popoli, identità territoriale, prodotti e professionalità mixati sapientemente da Masseria Stali e serviti agli ospiti su un piatto d’argento.