L’amletico dilemma di Natale: meglio il panettone o il pandoro?

In ogni casa addobbata per le feste c’è un dilemma che si ripete da sempre a Natale: meglio il panettone o il pandoro?

Ci sono riti che si ripetono, soprattutto a Natale. C’è l’albero pieno di palline colorate, le luci per ‘illuminare’ il presepe, ricco di scene e personaggi. Anche la corsa ai regali da scartare fa parte delle ‘regole’ più o meno piacevoli delle feste come gli auguri, scambiati sempre con gentilezza così come impone il calendario. Una magia che si respira nell’aria, un’atmosfera di felicità perché non c’è nulla di importante da togliere il sorriso.

A Natale le tradizioni si ripetono sempre allo stesso modo, ma anno dopo anno regalano emozioni nuove, mai provate prima. Anche a tavola, protagonista indiscussa, soprattutto nel Salento, dove è d’obbligo fare le cose in grande. Guai a proporre di cambiare il menu della nonna o della mamma, con i piatti di una volta, le pittule e le altre prelibatezze, ma quando arriva il momento di concludere in bellezza il pranzo o la cena c’è un’altra cosa che si ripete puntuale come quei film smielati trasmessi in tv. Pandoro o panettone? Una sfida che si consuma una volta posata l’ultima forchetta.

Da un lato c’è il «Pan de Toni», il dolce bruciato la notte della vigilia dal capocuoco nelle cucine degli Sforza e recuperato dallo sguattero Toni. Secondo un’altra leggenda, Toni era un fornaio con una figlia bellissima, Adalgisa, talmente bella da aver fatto innamorare un falconiere di Ludovico il Moro, Ughetto Atellani, giovane ribelle alle regole di corte, che viveva nello splendido palazzo all’ombra di Santa Maria delle Grazie, che il Duca di Milano aveva donato a suo padre, in segno di amicizia. Ogni notte il ragazzo, scavalcava il muro per raggiungere la sua amata, ma la relazione, vissuta in gran segreto, non era vista di buon occhio per le umili origini della famiglia della fanciulla, in grosse difficoltà economiche a causa della concorrenza tra i forni.

Ughetto – che aveva finto di essere un garzone per stare vicino alla popolana della contrade delle Grazie – non si perse d’animo: rubò i falchi al Duca per venderli e con il ricavato comprò il prezioso burro e gli altri ingredienti con cui preparò un pane dolce con uvetta, canditi e frutta secca, che riscosse un grande successo. A Milano tutti parlavano del pane di Toni. Così le sorti del fornaio, ormai ricco e ricercato, erano salve, ma anche quelle della storia tra Adalgisa e Ughetto che convolarono a nozze. Una dolcissima storia d’amore centenaria, una vera e propria fiaba di Natale.

Oggi il Panettone è diventato il simbolo della festa anche se, con il passare degli anni, grazie anche alla creatività e alla bravura dei pasticceri, alla versione ‘classica’ con i canditi e l’uvetta che o piace o non piace si sono aggiunte altre varianti per soddisfare palati più o meno fini e raffinati.

Dall’altro c’è il «pan de oro», il dolce di Verona con lo zucchero a velo da spolverare, agitando con forza la busta, il preferito da chi non sopporta canditi e uvetta. Un omaggio, si dice, alla Venezia rinascimentale, dove la grande ricchezza e lo sfarzo rendevano possibile il fatto che i dolci venissero serviti ricoperti da foglie di oro zecchino.

Una querelle , quella tra panettone e pandoro che si gioca non solo sul gusto personale, sugli ingredienti o sulle calorie, ma anche su quale prodotto sia nato prima. Come con l’uovo e la gallina una risposta non c’è. Secondo alcuni a vincere la sfida è Milano, per altri Verona, grazie ad un’intuizione di Domenico Melegatti che portò in tavola il «pan de oro», preparato utilizzando lo stampo a forma di stella, disegnato dal pittore Angelo Dall’Oca Bianca.

Il pandoro fu subito un successo e in molti cercarono di imitarlo, tanto che passò alla storia la cosiddetta sfida delle mille lire. La cifra, una piccola fortuna all’epoca, fu messa in palio da Melegatti in persona: gli imitatori che si fossero presentati con un dolce che sfruttava la “vera” ricetta del pandoro avrebbero ottenuto la ricompensa. Nessuno vinse mai quelle mille lire!

A voi la scelta, ma non dimenticatevi di lasciare un po’ di spazio per purceddhruzzi e cartellate, quelli sì che mettono d’accordo tutti.



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