
È la chiesa più grande della provincia di Lecce, e fino al 1980 era anche la madre di tutte le chiese del Salento, prima che la sede metropolitana venisse spostata a Lecce.
La cattedrale di Otranto tuttavia resta un riferimento assoluto in termini religiosi, ecclesiastici e culturali. Vediamo perché.
Innanzitutto per le sue dimensioni che ne fanno il tempio più grande del territorio salentino capace di custodire due pertinenze storico-artistiche tra le più importanti: il mosaico pavimentale e i resti dei santi martiri otrantini.
Come tutti sanno il pavimento della cattedrale di Otranto è di un’importanza strepitosa. I fedeli e i visitatori si trovano a camminare su un’opera d’arte e cioè migliaia di tessere di mosaico che ritraggono l’albero della vita, con un florilegio esuberante di riferimenti biblici e legati al culto paleocristiano.
La chiesa però è nota principalmente per essere il luogo di venerazione dei resti umani degli 800 martiri, i giovani e giovanissimi che furono decapitati in odio alla fede dagli invasori saraceni che presero Otranto nel 1480. Sul portale della chiesa venne ucciso a colpi di scimitarra l’allora arcivescovo Stefano Pendinelli mentre l’interno venne trasformato in una stalla, con centinaia di cittadini locali fatti prigionieri.
Questa basilica minore è protagonista anche dei nostri giorni per via della duplice ordinazione episcopale del 16 maggio e del 17 giugno, con la consacrazione prima del nuovo vescovo di San Severo Giuseppe Mengoli, figlio della diocesi idruntina e poi del nuovo arcivescovo di Otranto padre Francesco Neri.