Le torri colombaie nel Salento, custodi silenziose della vita di campagna

Le torri colombaie, costruzioni rurali tipiche del Salento, raccontano un’epoca che sembra lontana: quando allevare e possedere colombi era un privilegio di pochi

Ammirando la campagna salentina incorniciata dai muretti a secco può capitare che lo sguardo venga catturato da una torre colombaia, una struttura semplice, quasi ‘contadina’, che in passato ha avuto un ruolo chiave per l’economia e l’agricoltura locale. Imponente e silenziosa, testimonia il potere dei proprietari terrieri e dei signori che le facevano costruire per vanto e orgoglio, ma anche l’importanza che ha avuto nell’allevamento dei “palumbi”, un’arte che affonda le sue radici nell’antichità. Ogni masseria, ogni castello, ogni palazzo aveva la sua torre, custode taciturna della vita che è trascorsa intorno a loro.

Questi pregevoli manufatti di edilizia rurale, caduti nel dimenticatoio tanto che rischiano di scomparire del tutto, erano una “casa” per i volatili considerati, all’epoca, preziosi. Oggi, i colombi sono ritenuti quasi fastidiosi, ma un tempo la loro carne era apprezzata per le sue proprietà e ricercata dalle classi sociali medio-alte che la servivano nelle occasioni speciali, come feste e matrimoni, tanto che gli venne dato il nome di “carne reale”.

Sfamare bambini, anziani e puerpere o comunicare lo ‘status sociale’ del padrone. Non solo questo… Avere i colombi era un privilegio riservato a pochi. Nel periodo in cui il Salento era parte dell’Impero Romano d’Oriente venivano usati anche come ‘messaggeri’, postini del cielo puntuali e precisi, o nella caccia che, con archi e frecce, scandiva le giornate nella vita di corte. E che dire degli escrementi utilizzati come fertilizzante naturale, tra i migliori del tempo. Ricchi di colombina, diventavano un ottimo concime di origine animale, ricco di azoto, utilizzato anche nella concia delle pelli.

Vista dall’esterno può ingannare, anche perché furono costruite a pianta quadrata o circolare seguendo lo schema delle torri di avvistamento che si affacciano sulla costa, di cui riprendono addirittura caditoie, feritoie e merli di coronamento. Un qualche scopo difensivo in realtà lo avevano. Le torri, maestose e sollenni, servivano a scoraggiare l’avanzata dei ‘nemici’.

La vera bellezza dei “Palumbari” è nascosta all’interno, quando ci si ritrova davanti alle nicchie scavate nel muro per i pennuti e alle vasche in pietra che servivano per l’abbeveraggio. Anche le porte sono affascinanti, studiate per non permettere agli animali selvatici di entrare per ‘rubare’ le uova.

Non sono famose come i trulli di Alberobello, ma le torri colombaie sono una caratteristica del Salento, un marchio di una terra che ha tanto da raccontare della sua storia. La più grande, di quelle (poche) rimaste, si trova a Carpignano Salentino, non lontano dall’importante Santuario della Madonna della Grotta. Sulla facciata della struttura è ancora ben visibile un’effige della famiglia degli Orsini del Balzo. La torre di Acquarica del Capo, invece, fu voluta al nobile Fabrizio Guarini, autore di un trattato sulla falconeria, per suo diletto personale e per intrattenere i suoi ospiti.

La più affascinante, invece, è quella di Torre Pinta a Otranto, ipogea.

Ph. Andrea Farenga

Molte torri colombaie sono andate distrutte o dal tempo o dagli stessi padroni. Si racconta, ad esempio, che il conte di Palmariggi decise di demolirla piuttosto che vederla nelle mani di altri padroni.



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