Nessun territorio è ricco di testimonianze bizantine come il Salento, che “nasconde” numerose meraviglie tra cripte e cappelle affrescate. Si tratta di un Salento poco sconosciuto o noto ai più, ma non frequentato nonostante valga la pena scoprire i tesori di questa terra, vere e proprie pagine di storia e di storie. Un gioiello è sicuramente la Chiesa rupestre dei Santi Stefani, nel parco archeologico di Vaste, uno dei più grandi e importanti della Puglia. Una cripta bizantina che deve il suo nome alla raffigurazione del primo protomartire della chiesa Cristiana impresso per tre volte sulle pareti ricche di affreschi, risalenti a epoche diverse.
La chiesa rupestre dei Santi Stefani
Interamente scavata nella roccia, a tre navate divise da pilastri, con tre absidi, la cavità non è stata usata solo come luogo di culto. Nel corso dei secoli ha ospitato fedeli, ma anche animali secondo un’antica leggenda. Si racconta, infatti, che un prete cattolico l’avesse adibita come stalla per il suo asino che probabilmente non si aspettava di ricevere tanta considerazione dal suo padrone che gli consentiva di dormire e mangiare in compagnia dei Santi. C’è San Basilio, San Nicola e San Giovanni Crisostomo nell’abside sinistra. C’è Santa Caterina, vestita con abiti regali e con il capo cinto da una corona che regge i suoi segni iconografici: la palma, simbolo del martirio, nella mano destra e la ruota dentata nella sinistra e Sant’Antonio Abate. C’è la Vergine con il Bambino, incorniciata da tre bande di colore giallo, bianco e blu e un bellissimo affresco nell’abside centrale che racconta un episodio tratto dall’Apocalisse di Giovanni.
Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle. Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto. (Apocalisse di Gesù Cristo 12,1)
Un vero e proprio libro d’arte da sfogliare seguendo i colori, dai pigmenti blu e indaco a quelli rossi e gialli, ma come detto la Chiesa non sempre è stata valorizzata come meriterebbe. «Dopo essere caduta nelle mani di un prete ignorante – scrive De Giorgi – fu convertita in stanza destinata al disseccamento del tabacco nei mesi estivi e come deposito di legna da ardere e arnesi rurali nel resto dell’anno». Nei pilastri, infatti, si possono ancora notare i forti che servivano ad inserire i telai.
Altro gioiello da visitare a Poggiardo è la Cripta di Santa Maria degli Angeli, abbandonata e riempita di materiali di scavo, quando fu costruita la Chiesa Matrice nel XIV secolo. Fortunatamente i suoi affreschi hanno resistito al tempo e all’indifferenza e oggi è possibile ammirarli in tutto il loro splendore nel Museo degli Affreschi di Santa Maria, sito in Piazza P. Episcopo