La magia del Salento d’inverno sta anche nella Focara di Novoli. Tutto pronto per il “fuoco buono”

Anche quest’anno, come accade da secoli, tornerà a bruciare la monumentale pira costruita con le fascine di tralci di vite, in onore di Sant’Antonio Abate.

Anche quest’anno, come ogni anno da secoli, si ripeterà la magia della Focara di Novoli, evento clou dell’inverno salentino. 80mila e più fascine di tralci di vite secchi, sapientemente intrecciate a mano e posate utilizzando le tecniche tramandate di padre in figlio, al calare del sole saranno bruciate in onore di Sant’Antonio Abate, venerato a Novoli da almeno quattro secoli. Era il 28 gennaio del 1664, quando Mons. Luigi Pappacoda, vescovo dell’epoca, dichiarò il Santo del fuoco protettore della città.

Con il tempo è cambiata anche la forma della monumentale pira, empre più imponente e maestosa, ma quello che andrà in scena nel borgo alle porte di Lecce è un rito millenario e propiziatorio che si perde nella notte dei tempi, tant’è che gli studiosi stanno ancora cercando le sue origini, la data zero insomma.

Secondo alcune fonti pare che  la Focara venne accesa la prima volta nel 1905, quando “una nevicata abbondante imbiancò il falò alla vigilia della festa“. Quel che è certo è la notorietà del “fuoco buono” più grande del mondo che illumina e riscalda la notte del 16 gennaio. Una popolarità che ha superato i confini del piccolo paesino con poco più di novemila anime, diventando sempre più nazionale, sempre più cosmopolita. Un po’ come la Notte della Taranta fa con l’estate.

Lo confermano i numeri, le presenze dei tanti devoti o semplici curiosi che da ogni dove animano i piedi dell’imponente pira per non perdersi nemmeno un attimo dello spettacolo delle fiamme che divampano verso il cielo.

Un successo “costruito” seguendo tappe scandite rigorosamente. Tutto cominciava il 17 dicembre, quando un carretto condotto da un ragazzo girava tra i vicoli del paese per raccogliere legna secca, tralci di vite o altri oggetti (tuttu è buenu pè la focara) che piccoli contadini, grossi proprietari terrieri o semplici cittadini offrivano in devozione al Santo. La costruzione della pira terminava, solitamente, il giorno della vigilia con la posa di un’immagine del santo, che brucia insieme al falò. Un gesto scandito dai rintocchi delle campane.

Con il passare del tempo sono cambiate molte abitudini, sono cambiati i costruttori e soprattutto sono cambiate le forme della focara, ma mai il suo fascino, rimasto intatto nei secoli.

18 metri di altezza, 18 di diametro, due livelli e circa 25.000 fascine di tralci di vite (sarmente) recuperate dalla rimonda dei vigneti, sono i numeri della Fòcara 2023, che, nonostante le misure ridimensionate rispetto ad anni fa (per questioni di sicurezza, da cui anche la necessità di posizionare la pira ad almeno 50 metri dalle abitazioni, e quindi non più centralmente rispetto alla piazza), mantiene il suo record e si conferma la pira più grande del Mediterraneo.

Appuntamento fissato per  il 16 gennaio, alle ore 20.30, in Piazza Tito Schipa (ingresso libero e gratuito).

Le foto più belle delle passate edizioni

 

(La foto di copertina è di Adry Conte)



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