Dopo quasi sette mesi trascorsi ai domiciliari, l'ex vice sindaco di Parabita Giuseppe Provenzano è stato scarcerato. L'ordinanza è stata emessa dal gip Carlo Cazzella, con il parere favorevole del Pubblico Ministero Antonio De Donno. Il gip ha disposto soltanto l'obbligo giornaliero di firma innanzi alla Polizia Giudiziaria. Accolta, dunque, la richiesta del difensore di Giuseppe Provenzano, l'avvocato Luigi Corvaglia. Il legale ha ribadito nella sua istanza la mancanza dei gravi indizi di colpevolezza e delle esigenze cautelari da quando il 54enne di Parabita ha rassegnato le dimissioni dalla carica di vice sindaco. Ricordiamo che la Cassazione, invece, nei mesi scorsi ha rigettato la richiesta di scarcerazione del suo difensore. Invece, il Procuratore Generale Nello Rossi aveva invocato l'annullamento dell'ordinanza senza rinvio. Giuseppe Provenzano era agli arresti domiciliari dal 23 dicembre scorso. Infatti, dopo che il politico di Parabita aveva trascorso 13 giorni in carcere, il collegio del Tribunale del Riesame, presieduto da Silvio Piccinno, aveva disposto la misura dei domiciliari per il politico.
Intanto, l'imputato "eccellente" sul presunto intreccio Mafia-Politica nel piccolo Comune salentino è stato rinviato a giudizio dal gup Michele Toriello. Secondo l'accusa, avrebbe contribuito a rimpinguare le casse del clan, in cambio del sostegno alle elezioni amministrative. Dovrà presentarsi in data 19 settembre innanzi ai giudici della prima sezione collegiale per l'inizio del processo. Il 54enne di Parabita è accusato di concorso esterno in associazione mafiosa. In quella data dovrà presentarsi in Tribunale un altro imputato, Federico Fracasso, 30enne di Parabita, anch'egli rinviato a giudizio e assistito dall'avvocato Pietro Ripa. L'ex vicesindaco di Parabita, si sarebbe interessato a far assumere alcuni sodali del clan, o loro congiunti, come operatori ecologici nell’impresa di racconta di rifiuti che opera in quel Comune. Si sarebbe impegnato anche in versamenti periodici al gruppo malavitoso in cambio del sostegno alle elezioni amministrative del maggio 2015. Con quei soldi, ad esempio, venivano pagati i viaggi ai familiari per andare a trovare i propri cari detenuti in carcere.
Sempre nell'udienza del 13 luglio scorso, il gup Toriello ha formalizzato le richieste di abbreviato per: Marco Antonio Giannelli, 32 enne, figlio del boss ergastolano Luigi Giannelli e considerato a capo dell'organizzazione mafiosa; Pasquale Aluisi (titolare di una ditta di pompe funebri), 53 anni di Parabita; Cristiano Cera, 24, di Ugento; Fernando Cataldi, 25, di Collepasso; Matteo Toma, 37; Giovanni Picciolo, 34, e Antonio Fattizzo, 38, di Parabita Cosimo Paglialonga, 61, di Collepasso; Vincenzo Costa, 52, di Matino; Leonardo Donadei, 50, di Parabita; Claudio Donadei, 43, di Parabita; Antonio Luigi Fattizzo, 20, di Parabita; Mauro Ungaro, 33, di Taurisano; Adriano Giannelli, 40, di Parabita; Besar Kurtalija, 29,; Orazio Mercuri, 46; Donato Mercuri, 52,; Fernando Mercuri, 53,; Alessandro Prete, 35; Marco Seclì, 31 (tutti di Parabita); Lorenzo Mazzotta, 45, di Collepasso.
Il processo si svolgerà in data 6 e 8 settembre 2016. Invece, Saimir Sejdini attraverso il proprio difensore, l'avvocato Stefano Stefanelli ha chiesto di patteggiare una pena di 2 mesi e 20 giorni per un solo episodio di spaccio di sostanze stupefacenti. L'istanza è stata accolta dal giudice. I 24 imputati rispondono a vario titolo ed in diversa misura, di: associazione mafiosa, associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, estorsione, detenzione illegale di armi, corruzione per atti contrari ai doveri d’ufficio, corruzione di persona incaricata di pubblico servizio e danneggiamento seguito da incendio. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Luigi e Alberto Corvaglia, Luca Laterza, Elvia Belmonte, Mariangela Calò, Gabriella Mastrolia, Gabriele Valentini, Francesco Fasano, Vincenzo e Antonio Venneri, Biagio Palamà, Luigi e Michelangelo Gorgoni, Walter Zappatore, David Alemanno, Luigi Suez, Vincenzo Blandolino, Pietro Ripa, Elisa Secli, Maria Greco, Francesco Piro, Stefano Palma ed Emanuele Romano.
L'inchiesta "Coltura" ha permesso di svelare un pericoloso intreccio di potere tra mafia e politica nel comune di Parabita. Le indagini del Ros, avviate nel 2013 e grazie anche alle dichiarazioni del collaboratore di giustizia Massimo Donadei, hanno ricostruito il processo di riorganizzazione interna del sodalizio mafioso Giannelli; dunque la reggenza assunta da Marco Antonio, come detto, del boss storico Luigi Giannelli, condannato all’ergastolo come mandante del duplice omicidio di Paola Rizzello e di sua figlia, brutalmente uccise la sera del 20 marzo 1991. Inoltre, come svelato nell’inchiesta, in cantiere ci sarebbe stato un attentato, o almeno un atto intimidatorio, contro il parroco del comune del Sud Salento, don Angelo Corvo, finito nel mirino, solo per aver pubblicamente chiesto giustizia per l'omicidio della piccola Angelica e della madre, massacrate nelle campagne di Parabita più di 20 anni fa.
Stessa “sorte” sarebbe toccata ad un maresciallo dei Carabinieri, reo di aver importunato con un "controllo" una ragazza del posto, probabilmente un'amica di Giannelli.
