Ancora una volta il personale del 118 ha pagato, a caro prezzo, il fatto di essere sempre in prima linea, per aiutare chi ha bisogno o chi si trova in difficoltà. Questa volta i sanitari intervenuti in un incidente stradale sono stati aggrediti dai parenti di una donna, coinvolta in un sinistro. L’unica “colpa” che hanno avuto i soccorritori è stata quella di dare la precedenza ad una signora incinta e ad un minore.
È stata la Direzione Generale della Asl di Lecce a raccontare l’accaduto in una nota, diffusa per condannare l’episodio, avvenuto ieri sera a Lecce. Un’ambulanza (partita dal vecchio “Vito Fazzi” che si affaccia su piazza Bottazzi) ha raggiunto immediatamente il luogo in cui si era verificato un incidente stradale, non lontano dall’ex Galateo, per soccorrere le persone coinvolte nel sinistro.
L’equipaggio – fa sapere il direttore del 118, Maurizio Scardia – si è subito prodigato nel prendersi cura di una donna incinta e di un minore. Una scelta comprensibile che non è andata giù agli altri protagonisti della vicenta.
Per tutta risposta, i parenti di un’altra donna hanno cominciato a dare in escandescenze, inveendo e minacciando soprattutto l’autista del mezzo, che ha deciso di sporgere denuncia assieme agli operatori intervenuti.
«La Direzione Generale – si legge – esprime la più totale solidarietà nei confronti di tutto il personale del 118 coinvolto nell’aggressione e condanna fermamente un episodio che, purtroppo, si inscrive in una catena di accadimenti simili divenuta ormai non più tollerabile».
Non è la prima volta, infatti. Un mese fa, un’infermiera aveva deciso di pubblicare su Facebook le foto dei segni dell’aggressione subita. La malcapitata era stata picchiata da una paziente ubriaca, rimediando un ematoma sotto l’occhio sinistro e lividi su tutto il corpo.
«Si tratta di atti e comportamenti non degni di una società che possa definirsi civile, perché oltre a ledere la dignità, quando non il fisico, del personale impegnato in delicate attività di soccorso, rendono più complicato e difficoltoso lo svolgimento di un pubblico servizio che, contro ogni ragionevolezza, è sottoposto ad una deplorevole e ingiustificabile pressione».
