Resta un solo indagato nell'inchiesta sulla morte dell'esponente del Partito Democratico, Carlo Benincasa. Il pubblico ministero Emilio Arnesano ha notificato l'avviso di conclusione delle ulteriori nuove indagini ad un'operatrice del 118.
Ricordiamo che nell'udienza preliminare il gup Stefano Sernia ha disposto il proscioglimento da ogni accusa di un medico, un infermiere ed un soccorritore del Fazzi, difesi dagli avvocati Massimiliano Petrachi, Ester Nemola, Giuseppe De Luca e Matilde Macchitella. I tre facevano parte della seconda ambulanza intervenuta la sera del 19 aprile 2011. Il gup ha disposto, invece, ulteriori indagini per una soccorritrice, un'infermiera della prima ambulanza ed un'operatrice del 118, da parte del pubblico ministero. Anche una perizia fonica su di un file audio per capire chi fosse l'interlocutrice dell'operatrice telefonica (a sua volta indagata), il giorno della tragedia.
Non solo, anche accertamenti su chi avesse impartito la disposizione di far stendere Benincasa tra le due imputate (la soccorritrice e l'infermiera). Inoltre, il giudice ha ritrasmesso gli atti al pm "per iniziative di sua competenza" nei confronti della stessa operatrice, sempre in merito al reato di omicidio colposo.
La donna (ed è questa la questione approfondita dal pm) alla morte di Benincasa non avrebbe comunicato né alla prima né tantomeno alla seconda ambulanza, che l'uomo "avesse già patito in ben due occasioni di episodi di edema polmonare". L'operatrice non si sarebbe curata di chiedere alcun chiarimento circa il senso effettivo dell'espressione proferita dal figlio "non respira più".
In un'altra udienza, la moglie ed il figlio del consigliere comunale si costituirono parte civile. I loro difensori, gli avvocati Stefano Prontera e Paolo Pepe invocarono a carico di ogni imputato, un risarcimento di una somma non inferiore ai 2 milioni di euro per ognuno dei famigliari. Inoltre si era costituita parte civile anche l'Asl.
Il 16 ottobre, il giudice per le indagini preliminari Vincenzo Brancato aveva accolto la richiesta avanzata dai legali della famiglia d'imputazione coatta. Questi ultimi avevano prodotto alcuni documenti, in base ai quali gli imputati avrebbero attestato il falso sugli orari di arrivo dell’ambulanza e sull'utilizzo del defibrillatore, oltre agli evidenti ritardi prestati durante il primo soccorso. Alcuni imputati avrebbero mentito sull’orario di arrivo dei mezzi di soccorso sul luogo dell’intervento. Questa circostanza emergerebbe dalle conversazioni intercorse tra i parenti di Benincasa, gli operatori del 118, ma anche nei dialoghi tra la centrale operativa ed i mezzi di soccorso.
