La Procura chiede 8 condanne (per quasi 90 anni complessivi di reclusione), tra le quali spicca la richiesta di condanna per Maria Assunta Stella, 56enne originaria di Martano, all’epoca dei fatti, moglie del presunto boss Totò Rizzo (estraneo a questa inchiesta), e dei complici della donna, per l’estorsione ad un imprenditore, nell’ambito di un’inchiesta della Dda che portò nel 2022 a 15 arresti. Anche in questo caso, come d’altronde sta accadendo in queste ore in un’altra delicata inchiesta (culminata nell’arresto di sei donne), è una donna a finire sotto la lente della Procura per la sua presunta caratura criminale, in una inchiesta dell’antimafia. Oggi, il pm Maria Vallefuoco, al termine della requisitoria, davanti ai giudici della prima collegiale (presidente Fabrizio Malagnino) , ha invocato la condanna a 10 anni e 6 mesi di reclusione per Maria Assunta Stella, originaria di Martano per estorsione aggravata dal metodo mafioso. Non solo, anche a 12 anni per Francesco Zimari, di Martano ed a 4 anni per Mauro Palumbo, di Andria.
La prossima udienza si terrà il 15 ottobre e dopo le arringhe difensive ci sarà la sentenza.
Il collegio difensivo
Maria Assunta Stella è difesa dagli avvocati Giuseppe Presicce e Aldo Balducci. Gli altri imputati sono difesi dagli avvocati Umberto Leo, Oronzo Maggiulli, Dario Paiano, Stefano Sicuro, Francesco Zacheo.
Nelle carte dell’inchiesta, il pm, a proposito di Maria Assunta Stella, diceva: “È rispettata tuttora dalle organizzazioni criminali operanti sul territorio, non solo in virtù del rapporto di coniugio con un esponente della criminalità mafiosa locale, ma anche per il carisma (criminale) che promana dalla sua figura, in virtù del quale coltiva una “fetta” di interessi strettamente personali che le permettono di mantenere tuttora un significativo controllo sul territorio”.
Secondo l’accusa, la Stella in concorso con Zimari, Salvatore Beneloucif e Palumbo, avrebbe costretto un altro soggetto a versare somme di denaro, per il mancato pagamento di forniture di marmi ricevute da quest’ultimo.
I fatti si sarebbero verificati nel giugno del 2020 a Melendugno. Secondo l’accusa, Palumbo per riscuotere il credito, si era rivolto a Beneloucif che a sua volta aveva interpellato Maria Assunta Stella in ragione della sua caratura criminale. La donna aveva poi materialmente incaricato Zimari della riscossione. Quest’ultimo si presentava, unitamente a soggetto non identificato, presso l’azienda dell’imprenditore, lasciando intendere di avere con sé un’arma. Inoltre, Zimari, assieme a Palumbo, ritornava presso la medesima azienda, stabilendo arbitrariamente le rate mensili da versare per l’estinzione del debito. E ad ogni scadenza si ripresentava per la riscossione della relativa rata, anticipando la visita del complice con una telefonata accompagnata da frasi intimidatorie del tipo “comportati bene se no a sto giro”.
Non solo, poiché gonfiando l’ammontare delle somme di cui effettivamente risultava debitore l’imprenditore, lo costringevano a versare circa 8.000 euro su un debito arbitrariamente quantificato in120mila euro.
Il pm Vallefuoco ha chiesto anche la condanna a 15 anni di Giuseppe Donato Donno di Zollino e Marco Carlomagno, di Carpignano Salentino ed a 15 anni e 6 mesi per Marco Salzano, di Zollino; 10 anni e 6 mesi per Vincenzo Mazza e 4 anni per Gianpiero Pichierri (entrambi di Manduria).
Gli imputati sono accusati, a vario titolo, di associazione per delinquere armata finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti ed alcuni di essi sono stati già giudicati con il rito abbreviato.
Le indagini sono state avviate nel mese di agosto del 2019 dai Carabinieri della Compagnia di Maglie e poi coordinate dalla Direzione Distrettuale Antimafia, a seguito del tentato omicidio a Soleto a colpi di arma da fuoco del pregiudicato Alberto Specchia. Alla base del gesto, i contrasti generati dalla concorrenza nell’attività di noleggio di lettini sulle spiagge delle marine leccesi e la gestione dello spaccio di sostanze stupefacenti, avente come epicentro Martano.
