Braccianti stranieri sfruttati nei campi? Riesame concede i domiciliari al presunto caporale

Può lasciare il Carcere il presunto caporale di un’azienda agricola di Monteroni. La Procura, intanto, ha chiesto l’incidente probatorio per ascoltare sei testimoni di nazionalità pakistana.

Lascia il carcere il presunto caporale di un’azienda agricola di Monteroni. Nella giornata di oggi, il Tribunale del Riesame (Presidente Sergio Tosi) ha accordato gli arresti domiciliari a Z.A. 36enne, di origini pakistane, finito in manette il 18 agosto scorso.

Il legale dell’uomo, l’avvocato Mariangela Calò, ha impugnato l’ordinanza di convalida dell’arresto e di applicazione della custodia cautelare in carcere a firma del gip Vincenzo Brancato. Il difensore ha sottolineato, durante l’udienza camerale, che non vi fosse il rischio di inquinamento probatorio e di reiterazione del reato, chiedendo quantomeno una misura meno afflittiva. Inoltre, il presunto caporale presente in aula ha rilasciato spontanee dichiarazioni.

La richiesta d’incidente probatorio

Nelle scorse ore, la Procura ha chiesto l’incidente probatorio per ascoltare sei testimoni di nazionalità pakistana. Il pubblico ministero Maria Consolata Moschettini afferma, nell’istanza, che dalle dichiarazioni rese da due di essi “emerge il concreto pericolo che i testi siano esposti al rischio di condizionamento mediante violenza o minaccia”.

Infatti, sottolinea il pm, uno di essi ha riferito piangendo, di “avere molta paura” a parlare per il rischio di ritorsioni da parte dell’arrestato. Non solo, poiché i testimoni, essendo sul territorio nazionale in via provvisoria, potrebbero risultare irreperibili in vista del possibile processo.

Adesso sarà il gip designato a decidere se accogliere la richiesta ed a fissare la data dell’incidente probatorio.

Come emerge dalla richiesta d’incidente probatorio, risultano indagate quattro persone, assistite tra gli altri, dall’avvocato Elvia Belmonte. Si tratta di: Z.A. 36enne, di origini pakistane ma residente a Monteroni, nel ruolo di capo cantiere e factotum (finito in manette); A.F.A.una 57enne di San Pietro in Lama, titolare dell’azienza agricola; F.N. 61enne, anch’egli di San Pietro in Lama, gestore di fatto.

Rispondono, assieme a Z.A. dell‘ipotesi di reato d’intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro. Quest’ultimo, invece, ed S.I. 31enne di origini pakistane ma domiciliato a Monteroni, sono accusati anche di percosse e lesioni personali aggravate. In un’occasione avrebbero presso a calci e pugni un bracciante. In un’altra circostanza l’avrebbero ferito al braccio un altro lavoratore con un coltello.

L’arresto

A.Z. 36enne è stato arrestato in flagranza di reato, a conclusione di un’attività investigativa lampo, scaturita dalle denunce presentate da alcuni giovani immigrati. Ben 32 braccianti sarebbero stati costretti, con minacce e violenze fisiche e verbali, a lavorare per oltre 10 ore al giorno con una breve sosta solo per il pranzo, composto solo da legumi e pane, a fronte di un paga che variava da 1 euro ad un massimo di 3 euro per ogni ora lavorativa.



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