Falsa perizia di sordità per una pensione d’invalidità? Assolto Dirigente Medico leccese

Già in precedenza, il pm Stefania Mininni ha invocato l’assoluzione dell’imputato. Tale richiesta è maturata, a seguito della consulenza tecnica disposta dai giudici, che ha evidenziato un margine di discrezionalità nell’operato di G.B. 43 anni di Lecce.

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Era finito sul banco degli imputati per una presunta falsa perizia di sordità, ma al termine del processo, arriva l’assoluzione per un dirigente medico leccese.

La prima sezione penale collegiale ( Presidente Francesca Mariano) ha ritenuto G.B. 43 anni di Lecce, non colpevole dei reati ascrittigli. Già in precedenza, il pubblico ministero Stefania Mininni ha invocato l’assoluzione dell’imputato. Tale richiesta della Pubblica Accusa è maturata, a seguito della consulenza tecnica disposta dai giudici e depositata dagli specialisti Alessandro Dell’Erba e Michele Barbara. Essi hanno evidenziato un margine di discrezionalità nell’operato di G.B. che tenderebbe ad escludere, dunque, i reati inizialmente contestati.

Anche, gli avvocati Luigi Rella ed Andrea Starace, difensori del “camice bianco”, hanno chiesto l’assoluzione dell’imputato, che rispondeva delle accuse di abuso d’ufficio e falsa perizia.

L’inchiesta

L’inchiesta condotta dal procuratore capo Cataldo Motta e dal sostituto procuratore Stefania Mininni, faceva riferimento ad un incarico ricevuto dal G.B., come consulente tecnico del Tribunale di Lecce. La Corte di Appello ( sezione civile) chiese al medico di redigere una relazione che stabilisse, se una signora fosse in condizione di “sorda civile” e avesse diritto alla pensione ed all’indennità di comunicazione. In precedenza, il giudice aveva riconosciuto un’invalidità del 60 per cento, sulla scorta delle valutazioni della Commissione medica dell’Inps ( in sede amministrativa) e di due specialisti, negandole così, la possibilità di accedere ai benefici richiesti. Lei aveva fatto però ricorso in Appello, ed il Tribunale per dirimere la questione, aveva disposto una consulenza tecnica.

Da ciò che emerse in fase d’indagini, G.B. avrebbe utilizzato interi brani e parole testuali, di una relazione redatta nel 2010 dal padre, anch’egli medico, nelle vesti di “consulente di parte” della signora. Dunque, secondo la Procura, omettendo di astenersi nell’interesse di suo padre, egli avrebbe “recato un ingiusto vantaggio patrimoniale” in favore della donna. Non solo, poiché avrebbe “ribaltato” il giudizio espresso dai consulenti nominati in primo grado, attraverso “parere mendace”.

Tale accusa è stata portata avanti, fino alla suddetta relazione presentata nel corso del dibattimento, su richiesta del collegio giudicante. Sulla scorta di quanto sostenuto nell’atto, il pm ha ritenuto di dover chiedere l’assoluzione “perché  il fatto non costituisce reato”, in merito all’ipotesi accusatoria di “falsa perizia”. Richiesta di assoluzione piena, invece, per l’abuso di ufficio.



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