Feto morto in un armadio: chiesto il processo per madre, sorella e cognato

La Procura ordinaria e quella dei Minorenni hanno formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per infanticidio, a carico dei tre imputati, dopo la chiusura delle indagini sul ritrovamento nel febbraio del 2017, di un feto privo di vita nascosto nell’armadio di un’abitazione di Squinzano.

Tribunale penale Lecce

La Procura chiede il processo per madre, sorella e cognato accusati di infanticidio. Dunque, il pubblico ministero Donatina Buffelli ed il sostituto procuratore Anna Carbonara del Tribunale dei Minorenni hanno congiuntamente formalizzato la richiesta di rinvio a giudizio per i tre imputati, dopo la chiusura delle indagini dei mesi scorsi sul ritrovamento di un feto privo di vita, nascosto nell’armadio di una abitazione di Squinzano nel febbraio del 2017. Si tratta della madre 17enne all’epoca dei fatti (da pochi mesi maggiorenne), della sorella 27enne e del cognato di 46 anni, con i quali ella viveva dopo essere stata ospite per un certo periodo di una casa famiglia. La giovane mamma dovrà presentarsi innanzi al gup del Tribunale dei Minori per l’udienza preliminare. Invece, per gli altri due imputati, il gup Antonia Martalò ha fissato come data, il 15 febbraio 2018. In quella sede, il giudice stabilirà se rinviare a giudizio gli imputati oppure proscioglierli dall’accusa. Sorella e cognato rispondono delle ipotesi di reato di “infanticidio in condizioni di abbandono materiale e morale” e occultamento di cadavere, in concorso con la ragazza. Non è “caduta”, dunque, la prima grave imputazione, nonostante l’esito dell’autopsia. Il medico legale Ermenegildo Colosimo, infatti, ha stabilito che il corpicino era senza vita, con il cordone ombelicale di circa 80 cm, annodato intorno al collo, quando la giovane madre ha partorito all’interno della casa alla periferia di Squinzano. Dunque, la Procura, contesta ugualmente l’ipotesi di reato d’infanticidio a carico dei tre indagati, “versando la minore in condizioni di abbandono materiale e morale connesse al parto”. Non solo, poiché dallo stesso esame autoptico è emerso che il feto era privo di alcun tipo di malformazioni e corrispondente ad un periodo di gestazione di 38/39 settimane e del peso di poco più di tre chili. Ad ogni modo, l’esame istologico della placenta, recuperata dalla spazzatura dove era stata gettata insieme ai vestiti sporchi di sangue fornirà, nei prossimi mesi, ulteriori indicazioni. Inoltre, il medico legale ha prelevato un campione di tessuto per un eventuale esame del Dna (se fosse necessario), al fine di risalire all’identità del padre della bimba.

Le indagini

Ricordiamo che secondo l’accusa, la mamma, all’epoca 17enne, avrebbe nascosto il corpicino della sua bambina dentro un armadio, dopo averlo avvolto in una busta di plastica e richiuso in una borsa.

La ragazza si è presentata il 9 febbraio scorso al Pronto Soccorso dell’Ospedale di Copertino a causa di una forte emorragia. La visita ginecologica non ha lasciato spazio a dubbi: la giovane aveva dato alla luce una bambina, da poco tempo. La ragazza avrebbe ammesso di avere partorito pochi giorni prima a casa, quando non era presente nessuno.

Successivamente, la giovane è comparsa presso il Tribunale per i Minorenni, innanzi al sostituto procuratore Anna Carbonara. Erano presenti anche il Pubblico Ministero Donatina Buffelli della Procura Ordinaria, il Curatore speciale Cristina Pisacane e i legali della ragazza. Ad ottobre si è svolto, invece, l’incidente probatorio innanzi al gip ed anche in questa occasione la giovane ha fatto scena muta.
Invece, nei mesi scorsi, i magistrati inquirenti hanno affidato allo psichiatra Michele Bruno ed alla psicologa Michela Francia, una consulenza per accertare la capacità d’intendere e di volere e l’attendibilità della minorenne. Bisognerà verificare, inoltre, se ci sono problemi di natura psicologica, sadica e disturbi personalità.
La sorella ed il cognato, sentiti dagli inquirenti poco dopo l’accaduto, hanno detto di non essere a conoscenza che la ragazza fosse incinta.

Gli accertamenti investigativi sono stati condotti dai carabinieri di Squinzano, diretti dal maresciallo Giovanni Dellisanti.

Il collegio difensivo

La giovane madre è assistita dal legale Fabrizio Tommasi.
La sorella ed il cognato sono difesi dall’avvocato Maurizio Scardia.



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