
Gli ultimi episodi di cronaca a Lecce sembrano farci tornare indietro nell’abisso della criminalità organizzata. Occorre una battaglia comune di cittadini e istituzioni, insieme. Le divisioni aiutano i criminali.
Lasciamo stare tutta la retorica di questi casi sulla crisi (l’incertezza del domani, la povertà crescente), anzi cancelliamola per un momento e concentriamoci, invece, sul problema: a Lecce sembra di essere tornati indietro di vent’anni, con bombe, attentati e sparatorie. E allora stiamo o non stiamo esagerando? La domanda è rivolta a cittadini e istituzioni, magistratura e forze dell’ordine, che dovrebbero concentrarsi principalmente sugli effetti di una criminalità riemergente, dopo averne esplorato le cause. Non è facile, lo sappiamo, in un momento storico in cui le Istituzioni dello Stato sono oggetto di critica dura, se non addirittura di vilipendio da parte di pezzi esasperati della società civile (nella speranza che resti civile), tuttavia, occorre trovare il modo di stringere un nuovo patto per la sicurezza, uno sforzo solidale mirato a interrompere la vena sorgiva che alimenta il fiume delle associazioni a delinquere.
E’ inimmaginabile la battaglia della candidatura di Lecce a capitale della cultura europea, in un contesto criminogeno in cui si mettono a fuoco auto, si spara contro esercizi commerciali e si piazzano ordigni esplosivi. Ne va di mezzo la credibilità di un intero territorio e la prospettiva di crescita della sua economia. Dove c’è la criminalità non cresce l’erba, ricordiamocelo sempre. I magistrati hanno il compito più arduo, quello di dimostrare non solo che la Giustizia esiste (qualcuno ne dubita) ma che sia davvero efficace. Le forze dell’ordine, a cui non fa difetto la serietà e la puntualità dell’azione operativa, sono chiamate a ritrovare fiducia nello Stato e lo Stato è interrogato sulla sua reale tenuta di sovranità.
E infine ci siamo noi cittadini, tutti. I lavoratori, le forze produttive, gli operatori della comunicazione che si devono allineare agli sforzi delle Istituzioni, ed evitare di incoraggiare quel pericoloso rompete le righe che sta diventando una preoccupante tentazione eversiva. Un popolo irrequieto scredita il potere costituito posto a garanzia del suo benessere e agevola, invece, l’azione maligna di chi vive a spese degli altri, irridendo l’altrui libertà. Ci serve, al contrario, una piena coscienza del ruolo vitale che ciascuno di noi ricopre, per non perdere del tutto la speranza di poter essere ancora una società civile.