Dino e Veronica, due clochard, vennero trovati morti, annegati dentro una cisterna, alla periferia di Lecce ed oggi è finita sotto processo la proprietaria dell'immobile.
Il gup Cinzia Vergine ha disposto il rinvio a giudizio di Rita Capaldo, con l'accusa di "omicidio colposo" e "omissione di lavori in edifici che minacciano rovina". La 68enne di Lecce, docente di Criminologia presso l'Università del Salento, dovrà presentarsi innanzi al giudice monocratico, in data 23 novembre per l'inizio del processo.
L'imputato è difeso dagli avvocati Tommaso Stefanizzo e Stefano Prontera, che hanno chiesto il proscioglimento della Capaldo, in considerazione dell'imprevedibilità dell'evento di fronte al quale, la docente non ha potuto far niente.
Invece, nella scorsa udienza, si sono costituiti parte civile: Giancarlo Martina, fratello di Riccardo Martina, con l'avvocato Nicola Caroli; l'altro fratello Antonio, con il difensore Chiara Fanigliulo e la figlia di entrambi, Mariazzurra Martina con il legale Arturo Pallara.
Questi, già nei mesi scorsi, avevano depositato una corposa memoria difensiva, tirando in ballo anche il Comune di Lecce. Difatti, sostengono i legali, l'amministrazione era al corrente della situazione dei due clochard, visto che per un periodo furono ospitati presso l'Ostello della Gioventù di San Cataldo. Inoltre, gli sarebbe stata promessa una nuova sistemazione, ma ciò non si sarebbe verificato, cosicché Riccardo Martina, detto Dino 52anni e Veronica Piggini 48enne scelsero di "rifugiarsi" presso l'immobile di Via Taranto.
Secondo l'accusa rappresentata dal pubblico ministero Massimiliano Carducci, la proprietaria dell'immobile avrebbe dovuto eseguire dei lavori di manutenzione sull'edificio per evitarne il crollo e provvedere, quanto meno, ad un sistema di chiusura efficiente della porta posteriore che rendeva l'edifico di facile accesso per chiunque.
I corpi dei due clochard furono trovati senza vita, il 27 gennaio di due anni fa, riversi in una cisterna di via Taranto in località Borgo Pace. L’allarme scattò a seguito della chiamata di un vicino che, insospettito dal forte odore che proveniva dall’interno della casupola, si affacciò tra le stanze fatiscenti, intravedendo uno dei cadaveri. Sul posto intervennero polizia, carabinieri, vigili del fuoco con il supporto delle unità cinofile, gli uomini della Scientifica, oltre a numerosi agenti della Polizia municipale.
Da una prima ricostruzione, la donna sarebbe caduta per prima nella cisterna a seguito del crollo del solaio e, forse, il suo compagno, nel tentativo di aiutarla a tirarsi su, sarebbe precipitato nello stesso "abisso". I corpi sono apparsi da subito in decomposizione anche a causa delle condizioni in cui si trovavano, totalmente immersi nell’acqua melmosa. Al fine di agevolare le operazioni, è stato addirittura necessario l'intervento di un autospurgo e, soltanto dopo che la cisterna fu svuotata, i vigili hanno portarono su, i due cadaveri.
L'autopsia eseguita dal medico legale Alberto Tortorella evidenziò come il decesso fosse sopravvenuto per annegamento e l'assenza di segni di violenza sui due corpi che portavano ad escludere l'ipotesi di una morte a seguito di una colluttazione.
