Nessuna rapina, ma solo la volontà di dargli una ‘lezione’: questa la verità dei presunti aggressori del 30enne di Surbo

Avrebbero malmenato e rapinato un operaio 30enne e con questa accusa sei persone erano state arrestate. Oggi, durante gli interrogatori, quattro di loro hanno dichiarato di avergli soltanto voluto dare una ‘lezione’ poiché l’uomo di Surbo molestava la compagna di uno di essi.

Eseguiti in mattinata gli interrogatori delle sei persone, raggiunte nei giorni scorsi dall'ordinanza di custodia cautelare in carcere, con l'accusa di avere malmenato e rapinato un operaio 30enne di Surbo. Le ordinanze, emesse dal Giudice per le Indagini Preliminari, Stefano Sernia su richiesta del Pm Giuseppe Capoccia, erano state eseguite nei confronti del 30enne Gianluca Negro, di Surbo, considerato il capo della banda e soprannominato “Puntina” (da cui prende in nome l’operazione condotta dagli agenti della Polizia) e Giovanni Negro 27 anni, anch'egli surbino, difesi dall'avvocato Pantaleo Cannoletta; il trepuzzino Cristian Cito, di 26 anni, difensore Antonio Savoia; Luca Cesaria, 21 anch'egli di Trepuzzi, legale Giordano Bacile Di Castiglione; Cristian Lazzari, 32, e Carlo Coviello 38 anni, difensore Marco Pezzuto.

I sei indagati sono accusati di rapina in concorso aggravata da lesioni e per quest'ultimo c'è anche l’accusa di detenzione ai fini dello spaccio di sostanze stupefacenti. Coviello era l’unico che non aveva precedenti penali e per lui si voleva procedere con gli arresti domiciliari. Al momento del raggiungimento del provvedimento dei domiciliari in casa, però, sono stati trovati nella disposizione di Coviello, 40 grammi di cocaina e si è proceduto, anche per lui, all’ordinanza di custodia cautelare in carcere (questa mattina, il Gip Maritati ha convalidato l'arresto per la detenzione di droga e la custodia cautelare in carcere).

Il fatto da cui è nata quest’operazione risale allo scorso 3 aprile quando, intorno alle ore 22.30, il personale della Sezione Volanti è intervenuto presso l’ospedale “Vito Fazzi” di Lecce in cui era arrivato un uomo che era stato vittima di una rapina. Ai poliziotti aveva raccontato che, mentre si trovava a Surbo a bordo della propria auto (una “Mercedes Classe B”) insieme ad un conoscente, è stato affiancato e fermato da un gruppo di giovani che viaggiavano a bordo di due auto, una “Fiat 500” verde pastello dalla quale sono scese quattro persone e una “Audi A4 SW” nera dalla quale ne sono scese altre due. Questi ultimi, dopo aver aperto la portiera dell’auto con la forza, hanno fatto scendere la vittima e, quindi, uno dei quattro a bordo della Fiat 500, armato di pistola, lo ha colpito al capo; successivamente, gli aggressori avrebbero infierito contro la vittima con calci e pugni su tutto il corpo.

I sei, successivamente, si sarebbero allontanati con le proprie auto e con quella della vittima (il quale, soccorso da un amico è stato condotto in ospedale, dove gli è stata diagnosticata una ferita lacero contusa alla testa e vari ematomi per tutto il corpo). Considerato che l'operaio aveva fornito delle indicazioni utili al riconoscimento di alcuni degli aggressori, il personale della sezione volanti si era recato subito a Surbo dove, nei pressi di un bar, aveva individuato un gruppo di giovani, tra i quali Giovanni Negro. Ai danni di quest’ultimo, che tra l’altro risultava essere sottoposto alla misura della libertà vigilata con obbligo di permanenza in casa dalle ore 22.00 alle ore 8.00, è stata effettuata una perquisizione domiciliare, a seguito della quale è stata ritrovata l’auto rubata, indicata dall'uomo rapinato.

Gli investigatori della Squadra Mobile, sulla scorta di altre indicazioni fornite dalla vittima, sono risaliti anche agli altri quattro aggressori, ovvero Cesaria detto “Bomba” e Coviello detto “Macucu”. Decisivo per la credibilità della denuncia è risultato l'esame di una serie di filmati relativi a impianti di videoregistrazione. L’inchiesta è stata illustrata nel corso di una conferenza stampa illustrata dal dirigente capo della Squadra mobile Sabrina Manzone e dal vice questore aggiunto delle volanti, Eliana Martella.

Per i sei presunti banditi, il Gip Sernia aveva inizialmente disposto gli arresti domiciliari con braccialetto elettronico, ma vista la carenza "alla bisogna", di questo mezzo di "controllo" ha poi optato per la custodia cautelare in carcere. Oggi, invece, sono scattati gli interrogatori, nel corso dei quali  Giovanni e Gianluca Greco hanno dichiarato di aver soltanto voluto dare una "lezione" alla vittima, poiché quest'ultima molestava la compagna di uno di essi e che l'incontro con il 30 enne di Surbo è stato comunque casuale e non c'era dietro nessun piano premeditato (l'uomo aveva acquistato la machina la mattina stessa e loro non erano in grado di saperlo). Inoltre,  Giovanni e Gianluca Greco avrebbero partecipato allo spostamento della macchina, ma non c'entrerebbero nulla con l'incendio avvenuto dieci giorni dopo l'aggressione.

Cito, difeso dall'avvocato Savoia e Cesaria, difensore Bacile Di Castiglione hanno confermato sostanzialmente, la versione fornita dai i due Greco e Cito avrebbe anche ammesso di avere "fisicamente" spostato la macchina, ma di soli 100 metri. Gli altri due indagati Lazzari e Coviello, si sarebbero invece avvalsi della facoltà di non rispondere. Per il loro avvocato, Marco Pezzuto, non ci sarebbero comunque indizi sufficienti per "provare" la loro partecipazione ad un'aggressione fisica.



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