Anziano morto carbonizzato in casa. Figlio condannato a 30 anni per omicidio volontario

È stato condannato a 30 anni per omicidio volontario il 49enne di Collepasso che uccise il padre, dandogli fuoco e poi si cucinò un piatto di pasta prima di chiamare i soccorsi

Condanna a 30 anni di reclusione. È il verdetto del processo a carico di Vittorio Leo, 49enne di Collepasso, accusato dell’omicidio del padre, morto carbonizzato nel bagno di casa. I giudici della Corte d’Assise (Presidente Pietro Baffa, giudice estensore Francesca Mariano e giudici popolari) hanno condannato l’imputato, per il reato di omicidio volontario, con la concessione delle attenuanti generiche.

Il pubblico ministero Luigi Mastroniani aveva chiesto di considerare le attenuanti generiche, equivalenti all’aggravante di avere ucciso il padre e la condanna a 14 anni (il minimo della pena per il reato di omicidio volontario).

Ricordiamo che, in una scorsa udienza, si è verificato un colpo di scena. Il pm ha riferito di avere riqualificato nuovamente il capo d’imputazione sulla scorta di ulteriori valutazioni, prima che si tenesse la discussione. Vittorio Leo rispondeva, dunque, in base alla nuova modifica, del reato di omicidio volontario e non più di omicidio preterintenzionale.

Tornando all’udienza odierna, prima che discutesse il pm, si è svolto l’esame dell’imputato. Vittorio Leo ha fornito la propria ricostruzione dei fatti affermando, come fatto in sede d’interrogatorio, che non era sua intenzione uccidere il padre e che non lo soccorse poiché paralizzato dalla paura. E come disse già in precedenza, per scaricare la tensione, si stese sul divano e poi si cucinò un piatto di pasta al ragù. Dopo pranzo, ripulì la cucina e lavò il pavimento.

Si cucina un piatto di pasta mentre il padre brucia. E le liti con la sorella girano su Facebook

Vittorio Leo ha parlato di un incidente. Ha raccontato di aver spruzzato dell’alcool con cui si stava medicando una ferita contro il genitore durante l’ennesima lite. L’anziano padre, insegnante in pensione, non gli avrebbe mai perdonato il fatto di aver interrotto gli studi di ingegneria. Non si era mai laureato come la sorella, “la preferita”, medico psichiatra che da anni vive e lavora in provincia di Roma.

Il nuovo legale di Leo, l’avvocato Antonio Santoro del Foro di Taranto (nelle scorse ore, l’avvocato Francesca Conte ha rinunciato all’incarico), ha chiesto in sede di discussione in aula, la riqualificazione del reato di omicidio volontario in preterintenzionale. Il legale potrà presentare ricorso in Appello, dopo il deposito delle motivazioni previsto tra 60 giorni.

Ricordiamo, inoltre, che in una scorsa udienza, la Corte d’Assise ha rigettato l’istanza della difesa che chiedeva di concedere i domiciliari all’imputato per motivi di salute, sulla scorta della relazione presentata dal medico legale Roberto Vaglio.

La Corte ha comunque concesso a Vittorio Le, la possibilità di ricorrere in caso di bisogno alle trasfusioni per curare la talassemia, anche in un centro medico fuori dal carcere, accompagnato dalle guardie penitenziarie. Il 49enne di Collepasso chiedeva di potere curare la talassemia major, con idonea terapia domiciliare, anche in considerazione dei rischi legati alla pandemia da coronavirus, nel caso di permanenza in carcere.

L’inchiesta

Vittorio Leo è finito inizialmente sotto processo con l’accusa di omicidio preterintenzionale, al termine dell’udienza preliminare. Il gup Cinzia Vergine ha disposto il rinvio a giudizio, accogliendo l’istanza avanzata dal sostituto procuratore Luigi Mastroniani che, dopo l’avviso di conclusione delle indagini, aveva riqualificato l’accusa di omicidio volontario in preterintenzionale, sostenendo che l’agente immobiliare non aveva programmato l’omicidio e non aveva intenzione di uccidere il padre.

Ricordiamo che, nei mesi scorsi, dinanzi al gip Giovanni Gallo, si è svolto l’incidente probatorio e il consulente tecnico, lo psichiatra Domenico Suma, ha ritenuto Vittorio Leo in grado d’intendere e di volere quando il padre prese fuoco e morì carbonizzato poco dopo. Il gip nell’ordinanza ha inoltre sostenuto di non condividere la riqualificazione del reato da omicidio volontario in preterintenzionale, poiché Vittorio Leo avrebbe deliberatamente gettato dell’alcol addosso al padre, dando fuoco allo stesso, al fine di cagionarne la morte.

I fatti

Il 29 maggio del 2019, Antonio Leo, 89enne insegnante in pensione, venne trovato senza vita nella sua abitazione di Collepasso, dove viveva da solo. Il cadavere era in bagno, carbonizzato dalle fiamme. È stato il figlio a chiedere aiuto agli uomini in divisa. Il 49enne – titolare una agenzia immobiliare – viveva in un appartamento vicino a quello dell’anziano padre, nello stesso stabile.

Sospettato fin da subito di essere l’autore del gesto, Vittorio Leo è poi finito in manette e condotto in carcere dai carabinieri del Norm di Casarano, coadiuvati dai colleghi della stazione di Collepasso.

 



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