Ex bancario freddato a colpi di pistola. Un imputato confessa e chiede perdono alla famiglia con una lettera

Nel corso dell’udienza che si sta celebrando dinanzi alla Corte d’Assise, Paulin Mecaj, 31enne di origini albanesi, ma residente a Lequile, ha depositato una lettera, attraverso il suo avvocato.

Chiede perdono alla famiglia della vittima e sostiene che non era sua intenzione uccidere Giovanni Caramuscio, freddato con due colpi di pistola, il 16 luglio del 2021, nei pressi dello sportello del Banco di Napoli, sulla Lequile-San Pietro in Lama.

In mattinata, nel corso dell’udienza che si sta celebrando dinanzi ai giudici della Corte d’Assise (presidente Pietro Baffa, a latere Maria Francesca Mariano e giudici popolari), Paulin Mecaj, 31enne di origini albanesi, ma residente a Lequile (uno dei due imputati) ha depositato, attraverso il suo legale, l’avvocato Luigi Rella, una memoria, che è stata acquisita agli atti del processo.

Mecaj sostiene nella lettera indirizzata al Presidente della Corte: “Non avevo nessuna intenzione di ucciderlo, volevo solo fare una semplice rapina per l’acquisto di sostanza stupefacente e alcool quale assuntore”. E  continua, affermando: “in quella sera avevo bevuto molto ed assunto cocaina non ero in me e involontariamente ho premuto il grilletto uccidendo senza essere cosciente e in me…”. E aggiunge: “non sono un cattivo ragazzo e non so neanche cosa mi ha preso”. Dunque, Mecaj dichiara: “faccio presente a tutti che mi assumo tutte le mie responsabilità, essendo consapevole di aver commesso un atto orribile”.  E conclude: “So di aver sbagliato e con questo chiedo perdono e lo esterno dal profondo del mio cuore con tutta la mia forza che ho a tutta la famiglia della vittima con l’auspicio che possano comprendere tale gesto, anche se è difficile a farlo. È un giorno che riescano a perdonarmi”.

Gli avvocati Luigi Rella, Maria Cristina Brindisino e Raffaele De Carlo

Inoltre, Mecaj ha chiesto di poter rilasciare spontanee dichiarazioni nel corso del processo. Stesso, discorso per Andrea Capone, 28enne originario di Tricase, ma residente a Lequile, difeso dagli avvocati Raffaele Francesco De Carlo e Maria Cristina Brindisino.

Intanto, i familiari di Giovanni Caramuscio, 69 anni di Monteroni -la moglie Anna Quarta ed i figli Roberta, Fabio e Stefano- assistiti dall’avvocato Stefano Pati si sono costituiti parte civile.

L’avvocato Stefano Pati

Erano presenti in aula, sia i due imputati (finiti dietro le sbarre) che i tre figli della vittima.

Inoltre, nel corso dell’udienza, la Corte d’Assise ha detto no alla richiesta di rito abbreviato per i due presunti responsabili dell’omicidio dell’ex bancario Giovanni Caramuscio. Il collegio difensivo ha reiterato la richiesta di abbreviato, come atto formale, dopo il rigetto da parte del gip. La Corte ha rigettato l’istanza sulla base della norma di legge dell’aprile del 2019, ritenuta poi legittima dalla Corte Costituzionale, che prevede come per i reati punibili con l’ergastolo, non sia  possibile accedere a riti alternativi. La difesa ha avanzato nuovamente  la richiesta, nel caso in cui nel corso del processo dovessero “cadere” le aggravanti reato di omicidio.

Infine, è stato affidato al perito Leo, l’incarico per la trascrizione di alcuni colloqui in carcere.

Sempre nella stessa udienza per accelerare i tempi del processo, sono stati ascoltati i primi tre testimoni del pubblico ministero Alberto Santacatterina.

Il pubblico ministero Alberto Santacatterina

Si tratta dei carabinieri che hanno condotto le indagini. E contestualmente sono state proiettate delle diapositive in aula ed un video in cui si sente il rumore degli spari.

L’inchiesta

Sul banco degli imputati compaiono: Paulin Mecaj, 31enne di origini albanesi, ma residente a Lequile e Andrea Capone, 28enne originario di Tricase, entrambi residenti a Lequile. Ricordiamo infatti che, nei mesi scorsi, il gip Laura Liguori ha emesso un decreto di giudizio immediato nei loro confronti, come richiesto dalla Procura, in virtù delle prove raccolte in fase d’indagine, che permettono di bypassare l’udienza preliminare. Entrambi rispondono dei reati di omicidio aggravato, rapina e porto abusivo di arma.

Mecaj è ritenuto l’autore materiale dell’assassinio di Giovanni Caramuscio. Ricordiamo, inoltre, che i carabinieri hanno rinvenuto nella sim del suo cellulare quattro foto “sospette”, mandate ad un amico. In una di esse è ritratta una pistola conservata nella custodia. Le altre mostrano, invece, il caricatore e i proiettili. Inoltre, è stato inviato un video che lo ritrae mentre si esercita con una pistola. Non solo, poiché nelle ore successive all’omicidio, una parente dell’uomo, ascoltata dagli inquirenti, ha dichiarato: “mentre stavo riordinando nella stanza dove dorme Paulin, ho notato che sotto il cuscino vi era una pistola di colore nero”.

Oltre a Mecaj, risponde di omicidio in concorso anche il presunto complice, Andrea Capone. Quest’ultimo sarebbe stato incastrato da una felpa e dall’esame del telefonino in uso a Mecaj, poiché sarebbe risultato che l’utenza intestata a Capone veniva ripetutamente contattata nei giorni precedenti alla rapina. I due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere nel corso dell’udienza. Il gip ha poi convalidato il fermo e confermato il carcere per entrambi. Successivamente, la difesa ha presentato ricorso al Tribunale del Riesame che lo ha rigettato.

Risale al 16 luglio scorso, ore 23:00 circa, l’omicidio di Giovanni Caramuscio, ex direttore di banca ormai in pensione. L’uomo di 69 anni è stato freddato con un colpo di pistola mentre prelevava ad uno sportello del Banco di Napoli che si affaccia sulla Lequile-San Pietro in Lama davanti agli occhi increduli della moglie. Sono state le indagini condotte dai Carabinieri del nucleo investigativo del reparto operativo del comando provinciale e della compagnia di Lecce, a stringere il cerchio sui responsabili.



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