Avrebbe sparato alcuni colpi all'indirizzo del ruffanese Roberto Romano, ferendolo mortalmente e con altri spari avrebbe tentato di uccidere il suo compaesano Dario Traversa. Ė la tesi accusatoria del sostituto procuratore generale, Giampiero Nascinbeni che ha invocato la conferma della condanna a 23 anni per Espedito Valentini, maturata in primo grado.
Dinanzi alla Corte di Assise di Appello di Lecce, presidente Vincenzo Scardia, si è tenuta la requisitoria del Pg che, pur chiedendo la conferma della sentenza di primo grado, ha evidenziato durante la discussione in aula, alcune lacune e carenze della stessa. Inoltre, il Pg Nascinbeni ha chiesto la conferma della condanna per Dario Traversa, difensore Francesco Vergine, che invece rispondeva dell'accusa di "favoreggiamento personale" con recidiva reiterata infraquinquennale, (secondo quanto ipotizzava la Procura, quest'ultimo avrebbe depistato le indagini degli inquirenti, evitando di fare il nome di chi avrebbe esploso i colpi di pistola contro di lui ed all’indirizzo della vittima) a 3 anni e 4 mesi di reclusione, senza tener conto delle attenuanti generiche (a fronte dei 5 anni richiesti dal PM). Il ricorso al secondo grado di giudizio è stato presentato dagli avvocati Mario Coppola e Francesca Conte per Espedito Valentini e Francesco Vergine, difensore di Dario Traversa.
Il processo innanzi alla Corte di Assise, per il primo grado, presidente Roberto Tanisi, giudice a latere Francesca Mariano, si era concluso con la condanna a ventitré anni di reclusione per Espedito Valentini. I giudici avevano dunque accolto la richiesta di condanna, invocata dal Pubblico Ministero Roberta Licci, ma con uno "sconto" di pena (aveva richiesto trent'anni) per il 28enne di Supersano, finito sotto processo per l'omicidio del ruffanese Roberto Romano. Nel corso della sua requisitoria, il PM Licci, aveva parlato dei tanti testimoni che hanno riferito di aver visto Valentini arrivare a casa di Romano.
Ci sarebbero state poi le intercettazioni, come quella all'interno dell'ospedale dove venne ricoverato Traversa, in seguito al suo ferimento. Ad un suo amico fraterno il 32enne faceva cenno al “ferro che teneva tra le mani Valentini”. Il Pm Licci aveva, per l'appunto, chiesto 30 anni di reclusione, non considerando le attenuanti generiche, visti i trascorsi criminali dell'imputato e non credendo all'ipotesi della legittima difesa. La Corte ha tenuto conto delle "attenuanti generiche equivalenti alla contestata recidiva". Inoltre nelle motivazioni della sentenza sarebbe emerso un movente differente rispetto a quello ipotizzato dal pm.
I parenti di Roberto Romano, costituitisi parte civile difesi dagli avvocati Luigi Covella e Marcello Marcuccio, hanno discusso nell'udienza odierna.
